Il ponte nel cielo

Compio gli anni. Sette, come le dita che tendo a raggiera mentre mio padre mi scatta una foto con la sua Agfa. Sorrido mostrando la finestrella lasciata da un incisivo da latte. Stringo orgoglioso al petto il mio regalo, il modellino di un’autocisterna gialla. Sulle fiancate c’è scritto in rosso “Supercortemaggiore”. Mi piace tantissimo, la cabina si muove indipendentemente dal rimorchio e c’è anche una scaletta di plastica nera con quattro pioli. Sulla parte anteriore però c’è disegnato quel cane a sei zampe che sputa fuoco. Lo vedo spesso in giro per la città e mi fa venire i brividi, mostra le sue zanne dalle insegne dei benzinai. A volte viene nei miei incubi. L’altra notte il mostro era alto almeno quattro metri, camminava fuori dalla finestra di camera mia e sfiorava le cime dei lampioni con la punta delle orecchie. Sbuffava fumo dai crateri delle narici, il suo ringhio faceva vibrare i muri del palazzo. Però non si accorgeva di me perché trattenevo il fiato e lui aveva continuato per la sua strada. È una bestia inquietante, mi fa paura anche solo a guardarla disegnata. Magari ci metterò sopra la figurina di un cowboy.

Compio gli anni ed è domenica. La mamma mi ha fatto indossare dei pantaloncini blu eleganti e un po’ scomodi, li ha appesi alle mie spalle con delle bretelle dello stesso colore, altrimenti mi scivolano via. È già successo. Tutti i giorni devo prendere delle vitamine e anche l’olio di fegato di merluzzo, il dottore dice che serve a farmi prendere un po’ di peso ma finora non ha funzionato per niente. A scuola un giorno stavamo studiando gli aggettivi qualificativi. La maestra allora ci aveva fatti alzare in piedi uno alla volta, ad ognuno assegnava un aggettivo che lo descriveva. Anna Lucia era bella, Lorenzo era alto, Giovanni era biondo. Quando arrivò il mio turno, mi misi al lato del banco, in attesa dell’aggettivo che aveva per me. Lei mi guardò con un sorriso strano e disse Giacomo è mingherlino. Tutti scoppiarono a ridere, pure la maestra e non c’era nulla di buono in quelle risate. Gli altri mi additavano e ripetevano Mingherlino! Ehi, mingherlino! Mi rimisi a sedere con la vergogna che mi pungeva le guance.

Compio gli anni, è domenica ed è ora di pranzo. Per festeggiare papà ha deciso di portare me e la mamma a mangiare in un ristorante nuovo, aperto da poco. Per andarci bisogna prendere l’autostrada. Sul tetto, da lontano, si vedono sventolare decine di bandiere che non conosco. Questo posto sembra un’astronave atterrata in mezzo alla campagna da un universo lontano. Papà mette la freccia e svolta a destra.
Scendiamo dalla macchina, c’è odore di catrame nuovo e vernice fresca. In mezzo al parcheggio, la mamma e il papà mi tengono per mano. Io prendo la rincorsa e mi faccio sollevare, rido forte e ridono anche loro. Quando arriviamo alla grande scalinata, sulle nostre teste c’è un enorme cerchio di metallo. Non so bene a cosa serva ma sembra un volante gigantesco: forse allora questa è davvero un’astronave e se si riesce a raggiungere quella ruota la si può anche guidare.

Compio gli anni, è domenica, è ora di pranzo e sono felice. Mamma mi dice che il nome esatto di questo posto è “ristoro a ponte”. Dal nostro tavolo posso vedere le automobili sfrecciare sotto di noi. È una cosa incredibile! Mangiamo il consommé con crostini e il pollo con le patate fritte. Anche le persone ai tavoli vicini al nostro mangiano le stesse cose. Papà mi spiega che chi viaggia ha bisogno di un menù speciale così non corre il rischio di addormentarsi in macchina. È un’innovazione che hanno solo qui. Non vedo l’ora di raccontare tutto ai miei amici domani, così schiatteranno d’invidia. Finiamo di pranzare e la mamma prende dalla borsa il mio regalo, mentre lo scarto canta Tanti auguri a te a bassa voce per non disturbare nessuno. Papà afferra la custodia di cuoio chiaro che ha sempre al collo, tira fuori la macchina fotografica e mi dice Quanti anni fai oggi, Giacomo?

Compio gli anni. È domenica. È ora di pranzo. In piedi, trangugio il solito Camogli che mi si piazzerà sullo stomaco per tutto il pomeriggio. Nessuno si è ricordato di farmi gli auguri, tranne i miei quando sono uscito di casa per il turno. Forse Anna Lucia si degnerà di telefonarmi, questa sera. Ma non ci conto più di tanto. Lei è al mare con le compagne del liceo per festeggiare la maturità. Quando la chiamo in albergo, non la trovo mai. Al suo rientro, sarà il caso di mettersi a parlare seriamente della piega che sta prendendo la nostra relazione. Io dopo gli esami mi sono cercato un lavoro, così metto da parte qualcosa prima di iniziare l’università. La pausa è quasi finita. Prima di tornare a servire caffè e piadine dietro al bancone, guardo fuori dalle vetrate e inizio a fissare le lamiere delle auto bloccate nell’ingorgo sotto ai miei piedi. Il sole di Ferragosto ci brilla sopra, l’autostrada sembra una lunghissima pista di decollo sfavillante di luci. Appoggio la fronte sul vetro, chiudo gli occhi. Una scossa violenta fa tremare l’autogrill, nell’aria si spande un boato assordante. Sulle auto si alza un’altissima colonna di fumo mentre il ponte con dentro tutte le persone si stacca da terra e prende il volo. Guido l’astronave e la porto lontana, oltre il cielo di fine estate.

Un racconto di Ottavia Marchiori

Illustrazione di Rebecca Fritsche

Lascia un commento