It’s over again

Erika ha le mani piccole e indossa una giacca troppo grande.

Le trasforma le spalle in montagne. Le dita sono fili di erba ridicola che spunta dalle maniche.

Sua madre le dice che dovrebbe smetterla di usare le cose del padre, ma lei continua.

Sottrae camicie e maglie di cotone che sanno di abbandono, le porta nel suo armadio e ogni mattina ne indossa una. Le arrivano sopra le ginocchia, sembrano vestiti.

Le porta tutte senza mutande sotto.

Erika ha le mani piccole ma sa tenere contemporaneamente fermi tre bicchieri di gin tonic con solo cinque dita.

Su Instagram carica una foto di lei mentre ne tiene uno in bocca. Imprigiona la plastica fra le labbra e i denti un po’ storti.

Li nasconde come può abbassando l’inquadratura verso i capezzoli duri e dritti che sfondano la lycra del body. Puntano verso la luna, sono un sogno.

Erika strizza un occhio. Scatta. È’ soddisfatta. Pubblica.

Erika ha le mani piccole e un lavoro di merda.

Nelle storie di Instagram fotografa la sua scrivania e ci scrive MESSY. Erika a inglese andava malissimo ma ha una app sul telefono che le fa da traduttore.

Erika riordina la scrivania ogni giorno alle 17.28 e poi timbra il cartellino dove il suo nome non si legge più bene. Registra fatture da due anni.

Fuori dalla finestra la vita scorre mentre lei passa le giornate davanti a un programma dall’interfaccia gialla e viola.

Ogni tanto va in bagno e si guarda allo specchio il sedere. Lo sporge in fuori, si appoggia al lavandino col pube.

Poi si riveste e si siede sul water trattenendo le lacrime.

Erika ha le mani piccole e dentro il palmo Karim le ha spinto un sacchettino pieno di cocaina. La stende sullo schermo del suo telefono poche ore dopo nella toilette di un bar.

Arrotola una banconota da venti euro un paio di volte.

La striscia sta lì a guardarla. Sembra quella degli aerei, di quando guardava il cielo e pensava “m’ama” ma nessuno rispondeva mai.

Le bruciano gli occhi e il petto quando la risucchia nel naso. La gola sembra chiudersi per un attimo, ma poi il respiro torna normale.

Erika si sciacqua le mani e le narici davanti allo specchio. Un po’ di polvere bianca le rimane sotto le unghie. Ora ha dentro di sé un aereo che decolla e atterra in continuazione.

“M’ama”, sussurra guardando le labbra che si muovono. Non risponde nessuno nemmeno stavolta.

Erika ha le mani piccole e accende il palo santo.

Si brucia le dita mentre preme forte sull’accendino per far prendere fuoco al legnetto.

L’ha comprato su Amazon perchè lo ha visto da una cantante pop che segue.

Si è iscritta a Prime e poi ha disdetto l’abbonamento subito dopo l’ordine.

Era solo per farselo arrivare prima. Non si sente in colpa. Lo fanno tutti.

Erika di santo non ha niente.

Si stende sul letto a pancia in su, si infila una mano sotto l’elastico delle mutande e inizia a muovere i polpastrelli un po’ più giù.

Immagina di baciare un suo collega e poi una sua amica. Poi tutti e due insieme.

Erika ha le mani piccole ma si ricostruisce le unghie col gel.

Se le fa lunghissime come le strisce del venerdì sera e le autostrade percorse in ritardo con l’odore di arbre magique e sigaretta sui vestiti.

Erika vuole andare a vivere da sola ma metà del suo stipendio lo dà a sua madre da quando suo padre è morto.

Erika, da quando è successo, tiene un conto sulla pagina di una vecchia agenda. Ogni mese, quel giorno, scrive una frase. Due anni e tre mesi senza te. Scatta la foto, poi la cancella.

Erika ha conosciuto un ragazzo in discoteca.

Fa il calciatore nella squadra della città. Lui ha iniziato a seguirla su Instagram e lei gli ha scritto di muoversi a diventare famoso, che poi possono mettersi insieme e lei può smettere di lavorare. Ci ha aggiunto una risata dopo, ma in realtà non ha riso.

Erika guarda per terra quando cammina per strada. Cerca portafogli dimenticati e soldi caduti.

Un giorno ha trovato 350 euro. Ha pensato di tenerli da parte per il primo mese di affitto ma poi si è fatta un tatuaggio. È una frase rossa sotto il seno. C’è scritto VIVI.

Erika ha le mani piccole e dice le bugie perchè della verità non sa che farsene.

La verità è una pianta ammuffita. Come l’edera in salotto. L’ha fatta morire quando sua madre è andata in vacanza col nuovo compagno.

Lui ha le mani grandi e indossa giacche piccole.

Erika è rimasta a casa da sola per due settimane, con le persiane chiuse e la musica alta.

Erika si mette in piedi sul divano che cede sotto il peso del corpo.

I talloni lasciano segni profondi sugli schienali che urta.

Ancheggia e flette le ginocchia, ondeggia su un surf immaginario.

Come se l’aereo che ha dentro fosse decollato verso un altro sistema solare e lei fosse finalmente leggera.

Seguendo il ritmo della canzone si tocca le tette piccole che vuole rifarsi e i capelli colorati con una tinta viola del discount. Andrà via dopo dieci lavaggi.

I sedili di stoffa sono un mare e un cielo insieme. Intorno ci sono balene, onde grandi e nuvole.

it’s over, it’over again, dice la voce del cantante.

Ma quand’è che finisce veramente?

Un racconto di Arzachena Leporatti

Illustrazione di Emma Grillo

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