A memoria

Kevin è uno stalker.

Sa benissimo di esserlo. Si sforza di vederci qualcosa di male, ma di solito non ci riesce.

Del resto, quando hai trentacinque anni e sei disoccupato, ti devi pur trovare qualcosa da fare per passare la giornata. Qualcosa di sedentario, possibilmente, dati i problemi di asma.

Clara è tornata in paese un mese fa. Al liceo era una di quelle che studiava a memoria. I professori l’adoravano perché parlava come un libro stampato. Kevin era seduto tre file più indietro, vicino al termosifone, e seguiva con il dito sulla pagina le sue parole mentre scuoteva la testa.

 

Bisogna imparare qualcosa da quello che si studia, perché può arricchire un bagaglio che ci si porta dietro nella vita a venire. Metti che una sera sei al bar da solo, seduto al bancone a contemplare la tua bella birra media mentre suda e diventa calda. A un certo punto senti una ragazza al tavolo dietro di te che parla con le sue amiche del ciclo di Krebs. Ti volti. È carina. Certo, carina per come può esserlo una che decide di passare una serata tra amiche nello stesso bar dove sei chiuso tu. In ogni caso, le sue amiche non sanno nulla del ciclo di Krebs. La poveretta è tutta triste, così decidi di salvarla: ti alzi, lasci lì la birra e ti siedi al suo fianco. La conversazione sembra scriversi da sola, tanto che dopo una mezz’oretta di chiacchiere avete una piccola distrazione e vi accorgete che le sue amiche sono sparite. Avranno cambiato locale? Non importa né a te né a lei. Anzi, è proprio la ragazza carina a dirti che, se vuoi, puoi accompagnarla a casa per continuare a discutere delle meraviglie della chimica organica.

Il numero di persone a cui interessa il ciclo di Krebs è incredibilmente esiguo, purtroppo.

Dopo il liceo Clara era partita per gli Stati Uniti, dove i genitori l’avevano iscritta a una scuola d’élite su scala mondiale nel campo dell’infermieristica. Come lei, molti altri compagni avevano man mano abbandonato il paese per andare lontano a inseguire i propri obiettivi di carriera. Oggi sono tutti pezzi grossi.

Tutti tranne Kevin.

Da quando la sua ex compagna è tornata, Kevin ha iniziato a seguirla. Lo stalking è una disciplina di quelle che si può imparare solamente con l’esperienza sul campo, così anche lui col passare delle settimane è notevolmente migliorato.

Il secondo giorno si è fatto beccare: i suoi occhi hanno incontrato quelli di Clara, ma lei non l’ha riconosciuto.

Sarà che è cambiato tanto.

Sarà che nemmeno da giovane l’aveva mai considerato granché.

Il quindicesimo giorno si è di nuovo fatto beccare. Per placare i sospetti, data la popolarità di cui oggi gode il reato di stalking, si è dovuto presentare a Clara con tanto di stretta di mano. Gli ha detto che si ricorda di lui, ma è una pessima bugiarda.

Questo episodio taglierebbe le gambe anche allo stalker più ostinato, ma non a Kevin, che non aveva mai messo tanto impegno in qualcosa. Da lì è iniziata l’escalation che lo ha condotto fino a oggi.

Non sa esattamente cosa lo spinga. Nostalgia, vero amore, semplice consapevolezza di essere un fallito. Che differenza c’è?

Stasera Clara va con due amiche al bar in centro. Parleranno di sicuro delle solite stronzate e si faranno qualche selfie. Una serata come tante altre.

Kevin invece sì che farà qualcosa di speciale.

Kevin la bacerà.

 

Dieci meno un quarto.

Eccole che entrano, puntuali come sempre.

Lei ha lo stesso trench della storia di Instagram dell’altro giorno, quella in cui faceva la faccia da cane con la sua amica. Jeans scuri. Anfibi neri, quelli che hanno tutti.

Il bar è affollatissimo. È uno di quei posti sofisticati dove la mattina fanno i disegnini con il cacao sulla schiuma del cappuccino e la sera servono un aperitivo a base di finger food etico, che tradotto vuol dire “scodelle microscopiche piene di cereali di strani colori coltivati da qualche schiavo nel Terzo Mondo”. In un locale del genere non ha proprio senso che ci sia anche una sala fumatori, ed è proprio lì che Kevin si dirige.

Ha indossato gli abiti delle grandi occasioni: jeans strappati, camicia bianca di una taglia fa e scarpe eleganti scamosciate. Lo guardano tutti.

Le ragazze sono sedute a un tavolo lì vicino. Clara ha tolto il trench e mette in bella mostra il vestito giallo comprato da Patrizia Pepe un anno prima per l’addio al nubilato della sua amica Francesca. Accavalla le gambe e si guarda intorno.

Kevin rimane per qualche minuto sulla soglia della sala. Uno stalker deve pianificare con estrema cura ogni sua mossa: un solo errore nella fase di posizionamento può essere fatale. Decide di sedersi al bancone, su uno sgabello leggermente spostato dietro le spalle di Clara. Ordina una birra media bionda.

Il barista ci sta mettendo un’eternità. Le ragazze hanno voci straordinariamente basse, o forse Kevin non riesce a sentirle perché è troppo occupato a trattenere il fiato: l’odore del fumo gli ha sempre dato fastidio. Un altro fattore che compromette la vita sociale. Solo il pensiero di Clara lo trattiene dall’uscire dal locale per tirare su a pieni polmoni l’aria fresca del paese, resa irresistibile dall’olezzo della discarica in periferia.

Kevin si volta ogni tre minuti esatti. Piccole torsioni del busto, rigide come quelle di un robot. Ammira la sua preda, cerca di sentirne il profumo. Una tattica perfetta, almeno finché sfiga vuole che Clara si giri per fare un selfie con le amiche proprio in quella direzione, mentre Kevin non riesce a trattenere uno starnuto.

Il viso di lei, make-up by Maybelline New York, cambia espressione per un attimo, poi torna a sorridere e si fa investire dal flash. Kevin, pietrificato, osserva Clara mentre confabula con le amiche. Come previsto, nei due secondi successivi le tre si stanno già rivestendo. Clara ha così fretta che mette la sigaretta nel posacenere senza nemmeno preoccuparsi di spegnerla.

Le ragazze lasciano il tavolo. A Kevin sembra di guardarsi da fuori, di essere in un film in cui è appena partita la canzone incalzante che scandisce i momenti in cui bisogna prendere una decisione urgente.

Si sorprende ad alzarsi, a scattare verso il tavolo.

Prende la sigaretta di Clara in mano con tre dita.

Mentre svuota i polmoni più che può, si accorge che sul filtro sono tatuate le labbra di lei, con un inchiostro rosso lampone.

Mette la sigaretta in bocca e la aspira tutta d’un fiato. La cenere gli macchia la camicia bianca.

Si sente mancare. Stramazza a terra.

Vede delle sagome in piedi che lo circondano. Sente voci sconnesse.

Clara è un’infermiera. Ha studiato in una struttura d’élite sulla West Coast. Le sue amiche lo sanno, il paese lo sa. E sembra ricordarglielo: cinquanta persone le hanno piantato gli occhi addosso.

Il suo stalker è spalmato sul pavimento e non respira più.

Non può proprio tirarsi indietro, non sarebbe etico.

 

Kevin vede la scena attraverso un piccolo sentiero che taglia in due la folla.

Clara scuote la testa. Si inginocchia e inizia il massaggio cardiaco. I colpi si susseguono regolari mentre li conta ad alta voce.

Anche in America ha studiato a memoria.

Il corpo di Kevin non dà alcun segno di vita.

Clara desiste. Fa per alzarsi, ma qualcuno le ricorda che c’è ancora la respirazione bocca a bocca.

Ha sempre avuto qualcuno pronto a suggerirle le risposte.

È tutto buio intorno a Kevin. La calca è scomparsa e una luce bianca illumina i capelli biondi di Clara mentre si china su di lui.

Le labbra di incontrano.

È proprio come a teatro.

 

Un racconto di Marco Broggini

Illustrazione di Giulia Canetto

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