Risposta

Da quando ne aveva scoperto l’esistenza, Giacomo non aveva passato un giorno solo senza guardarne uno.

Si affannava a girare i canali per cercarli, ne vedeva di ogni tipo su reti con i colori puntinati e nomi che non riusciva mai a decifrare, e ora, finalmente, dopo oltre venticinque anni, stava per fare quello per cui aveva sempre e solo fatto da spettatore: avrebbe partecipato a un quiz televisivo.

Era preparatissimo: per il suo decimo compleanno si era fatto regalare un televisore e un videoregistratore da tenere in camera sua e aveva accumulato una parete intera di videocassette con La Ruota Della Fortuna, Passaparola, Sarabanda e il suo preferito tra tutti: Chi vuol esser milionario.

Aveva guardato e riguardato ogni puntata un numero infinito di volte, memorizzato le risposte, controllato prima sui libri e poi su internet che fossero corrette (qualche volta aveva dovuto chiamare le redazioni per segnalare degli errori); da quando poi aveva scoperto che su youtube c’erano anche le primissime puntate di Rischia Tutto e Lascia o Raddoppia aveva smesso di avere degli amici.

Era arrivato sotto il palazzo della Rai con più di un’ora di anticipo e stava fermo appoggiato alla rastrelliera delle biciclette ad ammirare col naso in su e un sorriso estatico il favoloso mondo che gli si stava per aprire.

Non credeva che l’Eredità fosse il quiz migliore in circolazione, la Ghigliottina era un gioco che lo aveva sempre lasciato perplesso perché non bastava studiare per prepararsi, c’era un’enorme percentuale di casualità da considerare, ma aveva deciso di accettare la sfida quando aveva elaborato una teoria: lo aveva colto una folgorazione alla decima visualizzazione consecutiva delle puntate del marzo 2015. Aveva delineato uno schema fisso, ci era arrivato grazie all’uso delle quattro ante del suo armadio come lavagna, su cui aveva appiccicato post it, tracciato collegamenti e numeri misteriosi: una volta a settimana usciva una ghigliottina facile, di quelle che avrebbe indovinato anche uno che non aveva la televisione in casa; il 34% delle risposte era intuibile grazie a frasi fatte e associazione di idee, il 22% faceva riferimento ad avvenimenti storici, il 16% a luoghi geografici. Solo una ghigliottina su quindici trascendeva le statistiche e la logica e condannava a una vittoria impossibile.

Pensò al poster di Mike Buongiorno appeso sopra il suo letto e lo pregò di proteggerlo dalla sfortuna: voleva diventare ricco.

Nel suo computer aveva un lunghissimo file excel in cui segnava ogni singola puntata di ogni singolo programma e quanto avrebbe vinto se fosse stato lui al posto del concorrente: solo quando la cifra delle vincite totali aveva superato i 900 miliardi aveva pensato di essere pronto a partecipare.

Aveva chiuso gli occhi e allungato la mano verso la collezione delle edizioni deluxe di giochi di quiz in scatola, accarezzando il cartone morbido e privo di pieghe di ognuno: non era uscito dalla sua camera per un giorno intero, nemmeno quando la madre lo aveva chiamato dalla cucina per il pranzo, fino a che non aveva deciso a quale avrebbe partecipato.

Il nome del programma sapeva di rivalsa sociale: lui, che non aveva un lavoro, a cui i genitori non avrebbero lasciato nient’altro se non un ammasso di mobili tarlati, avrebbe ricevuto, senza nemmeno bisogno di aspettare la morte di qualcuno, un’eredità.

Entrò nell’androne del palazzo RAI col volto arrossato dal sole e le ascelle umidicce per l’agitazione, una ragazza lo accompagnò al piano e gli chiese di aspettare insieme agli altri concorrenti con cui avrebbe girato la puntata. Un tizio più o meno della sua età gli si sedette accanto tentando di fare conversazione:

“Io sono Alberto” gli disse.

“Io vorrei essere Michela De Paoli!” esclamò Giacomo, suscitando nell’altro uno sguardo dubbioso.

Giacomo cambiò sedia indignato: come poteva non conoscere il nome della donna che aveva segnato la storia di Chi vuol esser milionario? Quella sì che era una storia di rivalsa a cui ispirarsi.

Sapeva tutte le risposte.

Aveva superato tutte le fasi del gioco, leggendo negli occhi di Fabrizio Frizzi un’ammirazione che non aveva mai riservato a nessun concorrente: con modestia rispondeva “Ho studiato, ho studiato tanto” a ogni applauso.

Per l’esattezza aveva studiato per 25 anni, 3 mesi e 28 giorni, tanto era passato dalla sua prima puntata de La Ruota della Fortuna. E ora era lì: 230 mila euro a disposizione.

“Come saprai, a ogni risposta sbagliata la cifra si dimezza” gli ricordò Fabrizio Frizzi.

“Lo so, lo so” rispose con la fretta di chi non vuole sentire parole inutili.

230 mila euro.

“Cosa ci faresti, con questa cifra?” chiese il presentatore.

Giacomo rimase zitto con gli occhi sbarrati:

“Io… io… cosa?”

“Cosa vorresti comprare con 230 mila euro?” ripeté più lentamente.

“Un… un televisore nuovo?”

Il pubblico scoppiò a ridere: Giacomo rimase lì a guardarli con gli occhi di chi non capisce.

“Un televisore… e poi?”

E poi… non lo sapeva. Gli si bloccò il respiro: Fabrizio Frizzi gli stava facendo una domanda e lui non aveva la risposta, lui, che aveva studiato per 25 anni, 3 mesi e 28 giorni, non aveva la risposta ad una domanda di Fabrizio Frizzi. Stava restando zitto, davanti a tutti.

“Questa non è una domanda del quiz!” sbottò.

Fabrizio Frizzi ribattè qualcosa.

“Non so la risposta, ma non è una domanda del quiz!” scattò in piedi ribaltando la sedia. Gli operatori dello studio gli si avvicinarono per controllare che stesse bene, lui si mise a correre, veloce, più veloce che poteva, scese le scale, uscì dalla porta girevole spingendola e si allontanò, lasciandosi alle spalle il palazzo che aveva sempre sognato.

Lo ritrovò la polizia, avvertita dai passanti qualche ora più tardi, che piangeva attaccato alla vetrina dei televisori nuovi dell’Unieuro.

“Non so la risposta, ma non è una domanda del quiz” piagnucolava.

Illustrazione di Verin

Sissi Decorato

Sissi nasce, cresce e si laurea a Milano. Poi cambia idea e si trasferisce a Torino. Ama fare piani per il suo futuro e farli saltare; parlare di Dickens e leggere Sophie Kinsella di nascosto; i vestiti eleganti, ma solo se abbinati a scarpe eccentriche.

4 thoughts on “Risposta

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