Col sasso in mano

Non mi piacciono i temporali, è Dio che sgrida qualcuno. Ma è così arrabbiato che non si capisce cosa grida, per cui non sai mai se ce l’ha con te o con qualcun altro. Nel dubbio, è bene pregare. Solo che io da sola non so farlo, ho troppa paura. So che non dovrei uscire dal letto, i demoni sono sempre in agguato al buio. Però quando Dio fa così anche i demoni cercano la loro mamma.

A madre non piace se vado in camera sua di notte, perché la mattina deve alzarsi presto per andare in banca. Ma stanotte non importa: è già sveglia. Siede sul bordo del letto, mi dà le spalle mentre entro, è triste. Padre la guarda, sta in piedi e attorciglia il filo del telefono. Vado da madre e l’abbraccio.

– Tranquilla, – le dico, – Dio non ce l’ha con te.

E come potrebbe? Lei va sempre in chiesa, ci ricorda di pregare ogni giorno, conosce la Bibbia a memoria e obbedisce a tutti i comandamenti. Un giorno la faranno Santa.

– Sei una benedizione, – dice madre stringendomi forte. Mi fissa negli occhi, pensierosa come quando in confessionale cerchi di ricordare tutti i peccati. – Dio è arrabbiato con Bartek. È lui che… ha fatto entrare il demonio.

Mi tappo la bocca. Vorrei mani per tapparmi anche le orecchie e non sentire quelle cose. Mio fratello non ha mai fatto a botte, ha sempre avuto i voti alti, non ha neanche portato una fidanzatina a casa ancora. Lui è troppo buono, non può essere.

– Come lo sai? – chiedo infine.

Madre non mi risponde. Si volta verso la finestra e guarda il temporale.

– Domani andiamo da Padre Michał, – dice. Padre apre la bocca senza dire niente, madre mi stringe di più e aggiunge: – Servirà anche a te.

Mi sveglia l’odore di uova e pancetta. Adoro quell’odore, significa che è domenica e padre è a casa. Oggi però è giovedì. Pensavo non avrei più chiuso occhio, e invece mi ritrovo tra le braccia di madre. Continua a stringermi anche se è sveglia.

È uscito il sole. Facciamo colazione senza parlare. Senza Bartek. Madre vuole che stia a digiuno, per purificarsi. Quando finalmente la porta della sua stanza si apre, mi nascondo dietro madre. Ma non è come lo immaginavo, con corna in testa e zoccoli al posto dei piedi. È il solito Bartek: grande, capelli biondi più morbidi di quelli della mia bambola, occhi blu come i miei. Indossa il vestito della domenica, senza cravatta. Non ha mai imparato a metterla, lo ha sempre aiutato madre. Oggi no, vede la cravatta in mano a Bartek e si gira dall’altra parte, va in cucina a pulire i piatti.

Ci mettiamo in macchina, che profuma di sapone – padre deve averla lavata prima che mi svegliassi. Nessuno parla, guardiamo tutti di lato, fuori del finestrino. Tranne padre, lui sta guidando. Cerco di vedere il riflesso di mio fratello per capire dalla sua faccia a cosa sta pensando. Deve essere terrorizzato, io lo sarei al posto suo. Ma fa giorno e non ci sono riflessi nel vetro. Solo le solite case, le strade di sempre, e le chiese, e altre case, e infine la campagna. 

– Dove andiamo? – chiedo quando vedo la nostra chiesa allontanarsi dietro di noi.

Madre accende la radio, è sintonizzata su Radio Maryja. Volgiti a me e abbi misericordia, perché sono solo e infelice. Riconosco uno dei salmi, anche se non ricordo qual è. Madre sicuramente lo sa, ma non glielo chiedo per non darle un dispiacere. La voce è serena, mi calma. 

Padre guida con prudenza. Anche se Dio ha sempre un occhio su di noi, il diavolo ne ha due, è il suo motto. Oggi però è più lento del solito. Madre gli dice di sbrigarsi. A parte guidare, è lei che fa tutto: cucina, cuce i calzini bucati, fa la spesa, dà la paghetta a padre. Decide tutto lei, e padre non le dice di no, anche quando non è d’accordo. Soprattutto se si tratta di Dio. Madre non l’ha mai detto, però crediamo tutti che lei pensi di essere la guardiana delle nostre anime: non sarà lei a decidere se passeremo le porte del Cielo, ma fa di tutto per assicurarsi che saremo in grado di farlo.

Arriviamo in un posto senza case, in campagna. C’è solo una piccola chiesa fatta di pietra. Padre Michał ci sta aspettando. Mi piacciono le sue mani, grandi e calde, mai sudate. Ci saluta tutti, anche Bartek. Padre gli stringe la mano velocemente e poi nasconde la sua in tasca. Dice che l’olio dei motori è difficile da lavare via. A me piace invece, è un odore rassicurante, grazie a lui le macchine sono aggiustate e non fanno incidenti.

La nostra chiesa è grande, piena di vetri colorati, e la Madonna ha un viso più bello della mia bambola. Invece questa è piccola, buia, con un grande crocifisso in fondo, il volto di Gesù sembra soffrire più del solito, per stare sicura mi tengo stretta a madre. Le sue scarpe nere, lucide, con un po’ di tacco, rimbombano. Ci sediamo sulle panche dure.

– Avanti, – incoraggia Padre Michał.

È scuro, non si vede niente, ma sappiamo tutti a chi si sta rivolgendo.

– Bartek è posseduto, – dice madre, e la sua voce rimbomba come in una grotta. – Non ci sono altre spiegazioni. – Madre aspetta una conferma, ma non arriva e allora continua: – L’ho cresciuto buono. Preghiamo mattina e sera, almeno un’ora. Lo mando a confessarsi ogni sabato. La domenica, dopo la messa, discutiamo il suo sermone. Siamo ottimi cristiani, lei lo sa, ci conosce da sempre. 

Padre Michał fa un cenno di assenso. Madre si sporge in avanti e gli afferra la mano prima di continuare.

– Perché? – chiede, e sembra che voglia piangere. – Io non ho fatto niente di sbagliato, ma lui ha perso la via.

– Perché siamo qui oggi? – chiede Padre Michał quando si accorge che madre non parla più.

Madre guarda a terra, trema.

– Va dietro agli uomini, – dice.

Lo dice come se stesse per strozzarsi. Mi sento strozzare anch’io. Padre Michał guarda Bartek e lo guardo pure io. Vorrei che si voltasse verso di me e mi dicesse che non è vero. È uno dei peccati più gravi, come uccidere, vai diritto all’inferno. Bartek non può andare all’inferno, deve essere in Paradiso con noi. 

– È vero? – chiede Padre Michał.

Bartek non risponde, si guarda le scarpe. Le guardiamo tutti. Una è slacciata. 

– È posseduto, – dice madre, – va esorcizzato!

– Forse dovreste uscire, – risponde Padre Michał.

– Voglio restare, – insiste madre, – voglio aiutare con l’esorcismo.

– Fatemi prima parlare col ragazzo da solo, – dice Padre Michał, e le mette le mani sulle spalle.

Fuori ci investe la luce, l’aria è fresca. Madre e io ci sediamo su una panca di pietra. Lei guarda il cielo e io seguo il suo sguardo. Ci sono tante pecorelle grigie.

– Pioverà, – dice madre, – e laverà via i nostri peccati.

– Quale peccato abbiamo noi? – chiedo.

– Quando una mano è sporca, lo è tutto il corpo, – risponde madre, e si mette a pregare.

Prego anch’io. Per madre, che si dà tanta pena per le nostre anime, e per padre, che ha bisogno di tanta pazienza, e per Bartek, che non è cattivo, ha solo perso la strada, e per me, per fiorire come palma e crescere come cedro, come mi ripete madre. Non so per cos’altro pregare, così apro un occhio per vedere se madre ha finito. Piange. Non è mai un buon segno, vuol dire che non sa come risolvere un problema. E se non lei, chi?

Padre Michał esce dalla chiesa da solo. Si siede accanto a madre, che si pulisce gli occhi, e le prende le mani.

– Il tuo cuore è pieno di fede in Dio, Katarzyna, – dice. – Non ci è dato di capire tutte le Sue intenzioni, lo sai, dobbiamo portare pazienza. È questo che ti sta chiedendo, di essere roccia nel mare delle intemperie. La buona notizia è che tuo figlio non è posseduto, l’ho interrogato e non ho trovato il demonio. 

Padre Michał aspetta che madre capisca, e madre abbassa la testa e sospira. Non credo sia sollevata: i demoni sono terribili, ma reali, si possono combattere.

– Qual è il problema, allora? – chiede madre.

– A te ora sembra una disgrazia, – risponde Padre Michał, – ma Dio ti conosce, sei un esempio vivente per la comunità, è per questo che ha deciso di metterti alla prova.

– Alla prova? – ripete madre incredula, e io con lei. – Io sono così devota…

– Bartek non lo è, – dice Padre Michał con la voce che usa nei sermoni della domenica. – Ha lasciato che il marciume crescesse in lui. Ma non è perduto, con la preghiera e il celibato può ancora conoscere il perdono di Dio. Avrà bisogno del tuo aiuto, la tua fede salda guiderà entrambi.

– Lei non crede sia troppo tardi? – chiede madre.

– Finché alla notte segue il giorno, non è mai troppo tardi, – risponde Padre Michał con la sua frase preferita.

– E crede davvero ci sia una possibilità?

– La stessa che ha visto Gesù quando ha fermato la lapidazione della prostituta – ricorda Padre Michał con la mano sospesa a mezz’aria.

Arriva mio fratello. Ha la faccia bagnata, lo immagino piangere nell’oscurità, abbracciato da Padre Michał. Tutto andrà bene, mi dico, e corro ad abbracciarlo. Madre no, si tiene lontana e ha lo sguardo di Santa Gemma, che ne ha passate tante ma non si è abbattuta e alla fine ha sconfitto il demonio.

Sulla via del ritorno madre propone di andare a mangiare al ristorante. Di solito ci andiamo solo alla festa della mamma, il suo giorno di riposo. Ci fermiamo a una locanda sulla strada. È piccola e vuota. Ordiniamo tutti placki po węgiersku. Ringraziamo Dio per il pane quotidiano e mangiamo. La carne del gulasch è dura, e il pancake di patate ha un sapore strano. Vorrei lasciarli nel piatto, ma il cibo non si spreca. 

Mentre torniamo a casa le nostre pance brontolano. A turno rilasciamo aria e presto in macchina c’è una gran puzza.

– Neanche il diavolo le fa così, – dice padre.

Madre non batte ciglio, io invece mi metto a ridere e Bartek pure. Continuiamo a sparare puzzette, e alla fine ridiamo tutti tenendoci la pancia. Madre piange, escono lacrime dal ridere anche a me. Nessuno riesce a smettere. Eppure non so se sia stata una giornata divertente: ho l’impressione di avere ancora un sasso in mano, e non sono sicura di sapere perché.

Un racconto di Thomas Lehn

Illustrato da Alessia Arti

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