Santone

Luca Santi finì di annaffiare le piante e si trasferì dentro al suo garage. Sua moglie non si era accorta che lui aveva svuotato gli scaffali gettando via ogni cosa gli sembrasse superflua sostituendola con generi di prima necessità; in larga parte scatolette e bottiglie di birra e whisky. Aveva anche modificato l’impianto idraulico in modo che nel garage ci fosse acqua corrente, e alla piccola apertura che prima non si poteva chiudere aveva donato una finestra. Quando e come fosse riuscito a gestire tutte le altre questioni che avevano a che fare con la dignità dell’essere umano la moglie non lo sapeva e, dopo l’iniziale stordimento, decise che la cosa non la riguardava.

La notizia – come succede quasi sempre nei piccoli paesi adagiati in mezzo ai campi, paesi in cui sembra non succedere mai nulla e in cui, in effetti, non succede mai nulla – sfuggì al ferreo controllo della moglie Loretta, la quale, ogni volta che qualcuno le chiedeva del marito, rispondeva che si era trovato un hobby e che passava la maggior parte del suo tempo in garage. A ben vedere ciò non era del tutto falso, e qualsiasi fosse stata la versione scelta per mascherare la stramberia del marito le sarebbe stato difficile fotografare alla perfezione la verità, perché non la conosceva. Aveva provato a chiedergli per quale motivo si stesse comportando in quel modo, ma lui, mugugnando, le aveva detto che non stava facendo nulla di male. Aggiungeva però che in garage aveva tutto quello che gli serviva e non aveva tutto quello che non gli serviva. La moglie a quel punto desisteva; il marito le sembrava matto, e forse lo era davvero, ma non voleva che si sapesse che si era sposata uno svitato perché, ne era certa, le sue amiche, al tavolino della pasticceria del centro, non l’avrebbero lasciata pagare per compassione. Come detto, non si può tenere a bada tutto ciò che viene reputato strano e assurdo.

La notizia irruppe nel paese senza che nessuno conoscesse la fonte originale. Forse una vicina curiosa, o magari il tecnico del gas che era entrato in giardino per leggere il contatore.

Luca Santi vide a quel punto rompersi l’equilibrio e la pace di cui tanto aveva goduto durante gli ultimi mesi. Il campanello continuava a suonare a tutte le ore del giorno e qualcuno pensò di farlo suonare, scherzo che non passava mai di moda, anche di notte. La gente del paese voleva vedere con i propri occhi come si era sistemato Luca nel suo garage. Lui li faceva entrare controvoglia perché considerava quelle intrusioni degli attacchi violenti alla sua persona. Si aspettavano di trovarlo immerso nella sporcizia e nel disordine, ma non sapevano che Luca Santi era una persona molto metodica e che perciò aveva ridotto al minimo il suo impatto all’interno di quell’ambiente. Anche l’odore non era male, un misto di sapone di Marsiglia, che veniva usato per le abluzioni quotidiane, e di alcol, utile per il trapasso notturno nel mondo dei sogni. Dormiva in un angolo, sopra un materasso, e si era confezionato – Loretta non sapeva che il marito sapesse cucire – un lungo camicione bianco in lino sotto il quale, si poteva solo sperare, ci fosse la biancheria intima. Fu proprio quella veste a dargli una nuova identità al di fuori del garage: e in paese iniziarono a chiamarlo Santone.

Via via che il soprannome iniziò a prendere piede, la coda davanti alla loro casa si allungava sempre più. Non era più formata solo da curiosi e da persone in vena di una risata, ora era piena di esseri umani che avevano perso la speranza e si auguravano che il Santone avesse le parole giuste per ridargliela. Alcuni di loro, mentre aspettavano il proprio turno, poco prima di pagare alla moglie il biglietto d’ingresso, dicevano a sé stessi che non era sensato chiedere a un uomo chiuso in un garage le risposte di cui avevano bisogno, tuttavia continuavano a difendere con i denti la loro posizione nella fila.

Luca Santi stentò a capire cosa fosse successo: l’aria era cambiata, chi entrava nel suo garage non lo faceva più con una certa spavalderia e con lo sguardo languido di chi cerca di immagazzinare il maggior numero di particolari possibili per poi venderseli al bar con i compagni di carte. Luca Santi notò che i visitatori entravano in silenzio, con la testa bassa e la schiena curvata dalla riverenza e dai pensieri pesanti che ognuno di loro si portava addosso. Si rivolgevano a lui parlando sottovoce e con rispetto, ponendogli domande a cui lui rispondeva sempre “Non è importante”. Per fortuna la scorta di alcol era ancora consistente e il Santone iniziò a servirsene ogni giorno un po’ più presto. Sua moglie, ogni quindici giorni, faceva una ricognizione in garage, prendeva nota di ciò che mancava e dopo qualche ora tornava con nuove provviste.

Il Santone divenne famoso in tutta la provincia e poi in tutta la regione, e aiutò controvoglia migliaia di fedeli fino al giorno in cui il suo corpo non ne ebbe più ma poco prima di morire, e quindi poco prima di dare il via a un processo di beatificazione senza precedenti, si chiese se quel giorno in cui aveva deciso di trasferirsi in garage non avrebbe dovuto essere onesto e dire a sua moglie che semplicemente ne aveva i coglioni pieni delle persone; voleva solo starsene un po’ tranquillo.

Un racconto di Gianluigi Bodi

Illustrazione di Nora

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