Che la forza sia con te

Pareti bianche, mobili Ikea, qualche poster. Una luce calda, arancione, entra dalle ante a vetro macchiando l’ebano del tavolo in salotto. Sergio, un uomo paffuto, spaparanzato in vestaglia sul divano in pelle, urla verso lo schermo quaranta pollici della tv di fronte contro politici, banchieri, politici, crisi finanziare, di nuovo politici. Piero, otto anni, triste e incupito, figlio dell’uomo paffuto, strattona i pantaloni di papà: la prua di una nave a mattoncini Lego aspetta solo Sergio per essere posizionata. Sul tavolo in ebano, seduta scomposta, indossando una maglia con il volto di qualcuno forse famoso, c’è Giulia, una ragazza in piena adolescenza, che scuote la testa e canticchia in modo spiacevole. All’altro capo del tavolo, una donna, Sara, capelli lunghi e rossi, aguzza la vista verso lo schermo di un pc, poi alza gli occhi verso il soffitto, spazientita, sbuffa per le lamentele di Piero, il canto stonato di Giulia, le bestemmie di Sergio.
Lo squillo, inconfondibile, di una nota marca di smartphone risuona tra le tasche dell’uomo paffuto. Pronto, sì, sì, cosa? Di nuovo? Ma davvero? E non se ne può più però, ogni mese la stessa stor- Ok, ok, ok, a più tardi. L’uomo paffuto spegne la tv, si alza in piedi, assume il tono del pater familias e, solenne, esclama: ragazzi, zio Franco è scappato, di nuovo. Sapete cosa fare. E allora tutti si danno un gran daffare, irritati, seccati, esasperati. Sara chiude il pc e sposta due sedie in salotto, davanti la porta d’ingresso, sopra il tappeto rosso; Giulia agita le braccia e se la prende un po’ con tutti, con la vita, il mondo, l’universo. Sergio copre ogni frutto della tecnologia come può: un lenzuolo sul televisore, un panno sulla PlayStation, un asciugamano sul pc della moglie. Piero è l’unico che sembra divertito; corre in camera sua, apre l’armadio, alla ricerca sfrenata di qualcosa, come fosse un tesoro nascosto secoli prima. Sergio porge due plaid a Sara, uno blu e uno rosa, raffigurante un noto cartone animato. Il plaid rosso è in lavatrice, dice lui, quale vuoi? La donna con uno scatto afferra la coperta blu e la avvolge intorno le spalle. Intanto Giulia e Piero appaiono in salotto, una vestita con un abito rosa, principesco, non più adatto a contenerle il seno; l’altro indossando un’armatura carnevalesca, medievale, da cavaliere.
Giù, dalla strada, urla invadono l’appartamento.
Indossa l’elmo e chiedi la parola d’ordine, si raccomanda Sergio verso Piero, che indossa l’elmo e si affretta, goffo e impacciato, con le braccia tese davanti a sé, verso il balcone oltre l’anta di vetro. Fa un passo fuori, poi torna dentro. Qual è la parola d’ordine? Chiede con voce metallica. Qual è la parola d’ordine? Domanda sottovoce Sergio verso l’orecchio di Sara. Che la forza sia con te, dice lei. Che la forza sia con te, ripete Sergio verso Piero. Il bambino torna fuori in balcone. Zio Franco, un uomo sui settanta, vestito solo con il camice d’ospedale nonostante la pioggia e il gelo, scalzo, i capelli fradici mossi dal vento, il viso scavato, si rivolge al bambino. Signor cavaliere, chiedo di poter entrare nella torre. Il bambino, scaltro, esige prima la parola d’ordine. Che la forza sia con te, esclama a gran voce zio Franco, con sicurezza, tra lo stupore dei passanti.Piero, come fosse un imperatore, porta il pollice in su: l’ospite – non si sa quanto desiderato – può entrare.
Piero il cavaliere accoglie zio Franco all’interno dell’appartamento. Questi, con un’agilità apparentemente fuori dalla sua portata, spinge il ginocchio destro contro il tappeto, inchinandosi dinanzi a Sergio e Sara. Vostra maestà, esordisce zio Franco; poi indica il capo dell’uomo e della donna, facendo notare che forse manca qualcosa. Le corone! Esclama Sergio, che corre in camera da letto e torna con due corone di carta, ritagliate a mano e colorate di giallo, posandone una su di lui e l’altra sui capelli della moglie. Vostra maestà, pronuncia ancora zio Franco, non ho molto tempo. Sono qui per portarvi le notizie che arrivano dal fronte. Sergio, con un gesto a ruotare della mano, lo invita a riferire. Zio Franco farfuglia di soldati, legionari, brodaglia, pillole rosse, pillole verdi, e ancora soldati, legionari, fanti, fantini, asini e giumente. Sergio sbadiglia. Sara sbircia le lancette dell’orologio. Giulia allunga il collo verso il cellulare, nascosto tra i cuscini del divano. L’unico che si diverte è Piero, a giudicare dalle risate metalliche da sotto l’elmo. Poi un suono di passi, come cavalli, su per le scale del condominio. Arrivano i dottori, sollevano zio Franco, afferrandolo per le braccia nude e bagnate. Scusate, abbiamo provato di tutto ma riesce sempre a scappare, non sappiamo come faccia. Siamo desolati. Re Sergio e regina Sara fanno spallucce, rassegnati, vuoti di speranza. Piero solleva l’elmo e libera il suo volto divertito.
Prima di lasciare l’appartamento, zio Franco strizza l’occhio al bambino che ricambia subito il gesto, goffamente, in attesa che lo zio un po’ matto scappi un’altra volta dall’edificio a pareti bianche.

Un racconto di Sebastiano Pistritto

Illustrazione di Nora

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