L’anteprima

«Dove la fai l’anteprima?», le chiede la sua amica Carmela. «Io in un maneggio l’ho fatta, vestita da cowboy». Alisia le risponde che la farà al Politeama: “Ma nzocch’è?”, pensa. Conosce solo il suo quartiere. Lì i vicoli sono stretti come i sentieri di un bosco, ma non ci sono alberi, il solo verde è nelle aiuole dai fiori fucsia. La strada principale sbocca come un fiume nel vialone dell’università. Le case sono basse, con mattoncini rosa sbiadito, tutte uguali. Si conoscono tutti.

Guardano maliziose i ragazzini che fanno motocross, in piazzetta: mentre quelli girano attorno alla piccola grotta con la statua di Padre Pio, loro si annacano spostando da una scapola all’altra i capelli lunghi fino al culo e lisci come spaghetti. Alisia dopo un po’ corre a casa. Sta arrivando il fotografo per l’intervista. Sua madre è stravaccata sul divano con le gambe accavallate davanti alla telecamera. Parla al fotografo della Comunione: di sua figlia che è bella, dei confetti, della sala e dell’anteprima in centro città. “La mamma ci sa fare, gli uomini se la mangiano con gli occhi quando l’alluccano”, pensa Alisia, e sorride da dietro il turco di porcellana che regge il candelabro.

La vita è la scuola a due isolati da casa, la piazzetta, la casa della nonna e la festa della Santa a settembre quando montano il palco per tre giorni di canzoni neomelodiche. Ma questa volta non deve aspettare settembre, per una festa: tra due giorni c’è la Comunione e lei sarà una principessa con la carrozza e il cavallo. «Una principessa, una sposa bambina», dice al microfono sua madre e al fotografo lancia sguardi da tigre arraggiata.

È sabato, il giorno dell’anteprima. Alisia indossa un abito lungo bordeaux con fiori rosa attaccati alla vita; oggi l’ha truccata la mamma, per la Comunione avrà la truccatrice. Padre, madre, quattro figli, cognato e nipotina: parte il corteo di due auto verso il Politeama. Un palazzo grande e giallino su un’acchianata, case vecchie sdirrupate, mercati dove vendono roba buttata sui marciapiedi, viuzze, il mare: «Ma questa che città è?», domanda. «Palermo, vita mia, un’altra ti sembra?», le risponde sua madre «a Palermo viviamo». C’è qualcosa di nero e che sa di muffa in quei vicoli antichi: è un velo freddo e strappato, come la retina dei capelli che la sua bisnonna mette di notte sulla testa: sa di vecchio e di sporco. A poco a poco le strade si allargano e dal finestrino vede di nuovo, immenso su di sé, l’azzurro del cielo dei cartoni animati dove volano i cavallini alati, sporco solo un po’di zucchero a velo, le nuvole. Parcheggiano.

È tutto un trambusto di macchine, passìo di gente a piedi. Strani, normali, ricchi, poveri, felici e infelici. Non comarca come loro: ognuno le appare da solo, nella fiumana. Vede da lontano un palazzo insolito, un’enorme torta tonda a più strati. Quello è il Politeama. Le statue sono appoggiate sul tetto come la pupidda sulla torta della Comunione. Sono sei cavalli verdi che vogliono correre: due ai lati cavalcati da uomini, quattro al centro guidati da due donne. Si avvicinano camminandoci sotto. Le colonne seguono il cerchio; davanti, dove li aspettano i fotografi, c’è una piazza divisa in due. Al centro le palme, di fronte un tempietto bianco, in mezzo e attorno le strade; tutte le auto e le persone sono le giostre illuminate che girano, girano per arrivare in quella piazza perché è il centro del mondo. Allora è questa la città che lei non aveva mai visto.

 «In posa. Scatto. Alza il sedere. Scatto. Sorridi… Uno, due, tre, scatto. Mani dietro la nuca, solleva i capelli. Scatto. Foto con mamma e papà, con i fratelli», comanda il fotografo. Alisia si immagina di volare a cavallo sopra la città mentre tutti la ammirano: è più bello delle giostre. Immagina di entrare dalle finestre in case sconosciute. “Ma allora questa è Palermo? Qui sono nata? Qui vivo? Ci devo tornare il giorno che mi sposo per il servizio fotografico”, si dice. Il marito in posa con il gel, gli occhiali da sole e il piede sulla palma, si toglierà gli occhiali spacchiusu e avrà uno sguardo da furfante perché così ce l’hanno quelli belli della tivù. Le porgerà il braccio, con l’altro le cingerà la vita e lei sarà splendida con la corona sulla testa, pronta per un’altra foto nella città immensa e rumorosa. «Baciatevi. Scatto. Tenetevi per mano e camminate fino al teatro. Giratevi. Scatto. Prendila in braccio. Scatto. Ancora un altro bacio. Scatto».

Un racconto di Giovanna Di Marco

Illustrazione di Anna Seghedoni

3 thoughts on “L’anteprima

  1. Una Palermo vera che viene fuori attraverso questi personaggi così tristemente reali, su uno sfondo quasi tangibile nei suoi contrasti. Un racconto vivace insaporito da divertenti intercalari dialettali.

  2. BRAVISSIMA…è molto difficile raccontare per immagini senza il sostegno d’una fabula …ti lo hai fatto con grande maestria silvana grasso

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