Urano

Una al mese, ciccia. Massimo due. Certo, se sono carine come te. Passami quell’affare, ti mostro come funziona. Devi bucare in alto, poi giri. Dai qua, faccio io. E poi qui ho tutto ciò che mi serve. Guarda lì, guarda che vista. Ce l’hai dalla Terra una vista così?

No, ciccia, era una domanda retorica. Dalla Terra gli anelli mica li vedi. Ecco, si fa così. Attenta. Vuoi sapere come si chiama ‘sto coso? E poi le capsule, qui ce ne sono pochissime. Ce ne sono molte meno. Et voilà, va’ che incisione. Un chirurgo, eh?

Macché. A me piacciono le cose analogiche. Scommetto che non l’hai mai visto un aggeggio così, vero? Avranno smesso di farlo cent’anni fa, è un cazzo di reperto. Guarda, ora tutt’attorno. Via, così. Scivola da solo, scivola.

Ma quali fotoni e fotoni. Tolgono tutto il gusto. Devo sentirlo quello che faccio. Te ne sarai accorta prima, eh eh. Coltelli ai fotoni. Fai l’amore a fotoni, te?

Noia? Ma perché. Qui ho tutto, non ho bisogno di niente. Certo, ogni tanto devi… Cioè, un uomo mica può fare sempre da solo, no? Ma non più di una, due. Tre al mese, massimo. Oh, ma se sono cicce carine come te. Te puoi tornare se vuoi. Ci torneresti da me?

Saturno? Come no. Saturno è inflazionato. Urano, fidati, è per veri intenditori. Guarda, guarda che spettacolo. Guarda gli anelli. Vai vicino a Saturno, te, con tutte le capsule che ci ronzano attorno. Ci sta la Terra attorno a Saturno, non vedi niente. E allora che me lo sceglievo a fare? C’è il mondo addosso a Saturno. Allora me ne stavo a casa.

Otto turni. Questo è il nono.

Pazzesco, eh?

Tranquilla, che ce li ho i soldi. Una volta ho letto di un tipo, un musicista. Diceva che ogni persona c’ha una proporzione che neanche la sa, tra il tempo che deve passare da solo e quello con gli altri. Lui, senti qui, doveva stare giornate intere senza nessuno, dopo un’ora sola in compagnia. Per purificarsi, capisci? Io mi sa che lo capisco. Il musicista. Ehi, metto un po’ di musica?

E che ne so. Che t’importa come si chiama? Il messaggio, ciccia, il messaggio. Comunque ora metto la musica.

Perché, hai fretta? E poi non è un barattolo. Ecco, toh, aperto. Senti, senti qui. Senti che odore. Sai cos’è?

Brava, quasi. L’erba però c’entra. Cortile di scuola elementare. Pazzesco, vero? Senti l’odore dei giochi. La plastica. La pelle sudata dei bambini.

Cosa non ti convince?

Ma io non voglio… non m’interessa convincerti, ciccia. Qui ho tutto, non mi serve il convincimento. Qui su Urano… Ehi, sai cos’ha Urano che non ha nessun altro pianeta? Neanche Saturno. Nessuno. In questo è unico, è solo.

Spiritosa, ciccia. No, è Nettuno il più lontano. Spiritosa, ma non ti pago per essere spiritosa io. Capsula, canzone con l’erba. Anzi no, coi bambini. Ahhh, questa. Sì, sì. Ne apro un altro? Cos’è che stavo dicendo?

Ah, sì. Urano. Il suo asse. Pazzesco. Ha l’asse quasi parallelo al piano dell’orbita, guarda lì. Sembra che ci rotoli sopra, alla sua orbita. Che la tagli tutta come… Ehi, dallo a me. Dammelo. Ne apro un altro, ti va? Apriamone un altro. Questo qui, questo è pazzesco.

Spiritosa. No. Vuoi sapere cosa faccio, tutto il giorno? E tu allora, tu che fai sulla Terra? Ah no, lei gira. Lei è una ciccia…

Eh?

Giusto, brava! Ferro, c’hai preso ancora. Metropolitana all’ora di punta. Annusa, annusa forte. Sembra di sentire il caldo delle rotaie. E l’aria sporca già respirata. Ora metto gente che parla. Capsula, gente che parla. È intelligente la mia capsula, sai quante cose fa. Ti annoierei a tirarle fuori tutte.


Ancora, ma che t’importa? Ma perché non ti rilassi e… oh, guarda, guarda, ne passa una! Questa è grossa, questa come minimo è tripla. Quadrupla. È famigliare, cazzo di capsula. Guarda lì, è tutta accesa. Sembra una… Saluta, fai ciao con la manina. Ma no, ma stai ferma, mica ti vedono. Sono famiglie, ciccia. Sistemi chiusi. Quelli pensano soltanto per loro. Bene loro, bene tutti. Mica lo sanno che sei qui. E se lo sanno l’hanno dimenticato. Tu sei uno, loro un sistema. Schifosi. Ma una volta erano come me, sì. Pezzi singoli, come tutti gli altri. Ma se lo sono dimenticati. Ecco, spariti. Addio, ci si vede al prossimo giro. Ma sai una cosa ciccia, col cazzo. Le famiglie non fanno mai un secondo giro. Turni secchi e via. Fine.

Sì, perché ne voglio ancora. Questi simulatori olfattivi sono… Potrei sniffarli tutto il giorno. Pazzesco. Una volta ne ho aperti tre, sembrava di essere in un cazzo di mercato indiano, come quello sulla Terra, come si chiama… Pazzesco.

Ma neanche per sogno. Molto meglio le simulazioni. I posti veri sono… C’è la gente nei posti veri. Non mi piace la gente, e loro… La gente, ascolta bene, la gente, per piacergli devi sempre perdere. Oppure vincere così tanto da sembrare un… un… Cristo. Cazzo. Così ti fa sentire la gente. L’abisso.

No, m’è passata la voglia. Basta, non lo apro più. E anche la musica, capsula, stop. Capsula, interrompi. Capsula! Cazzo di capsula…

Niente, non c’ho niente. Ora mi metto qui e guardo Urano. In silenzio. Da solo. Rotola attorno all’orbita, vedi? Guarda lì che tipo. Come dovesse aprirla tutta, proprio come… Oh, ma secondo te quante cose ci stanno dentro un’orbita? Segreti. A milioni. Miliardi. Pazzesco.

Sì, è che pensavo… Perché alla fine sono poche le cose che contano. Che ti fanno star bene davvero. E la Terra, io… Dio, ma che vista… Queste cose mica le vedi dalla Terra, eh?

Secondo me non le vedi, che dici?

Un racconto di Mattia Frigeri

Illustrazione di Nora

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