Pagina 34

Se ne accorse a pagina 34, primo paragrafo, secondo rigo, quinta parola. Subito prima di un punto. Per la precisione, la parola in questione era televisore. Vera si fermò e sollevò la testa dal libro, lasciandola per qualche secondo inclinata verso destra mentre fissava la smart TV che suo marito aveva insistito per piazzare di fronte al letto due mesi prima. A pagina 34, primo paragrafo, secondo rigo, quinta parola, aveva capito che anche una frase scritta dal suo scrittore preferito poteva darle fastidio.

Aveva letto il primo romanzo firmato F. L. nove anni prima, nel mese di febbraio, e le era piaciuto al punto che di lì ad agosto aveva divorato ogni altra sua pubblicazione, sistemando un volume dopo l’altro nella sua libreria e pensando senza tregua: quest’uomo è un genio e devo assolutamente conoscerlo. Prima di allora, appassionata com’era di letteratura, si era cimentata con opere di ogni sorta, dal Novecento americano all’Ottocento russo, dal barocco spagnolo all’illuminismo francese, ma non le era mai capitato di trovarne una – per così dire – senza sbavature.

Era così che le piacevano le storie, dentro e fuori dalle pagine. D’amore o d’avventura che fossero, filosofiche o postmoderne, storiche o noir. Non era solo una questione di trame, di significati: era una faccenda che inglobava anche il ritmo, i non detti, l’uso creativo ma accurata della lingua. F. L.  controllava la materia trattata meglio di Tolstoj e di Mann, era più abile di Hemingway nel costruire i dialoghi e le sembrava più evocativo di Isabel Allende. Trattava temi forti, ma senza manierismi, ed era una sorta di mago della punteggiatura. Soppesava le pause come nessun altro e si sarebbe detto che per scegliere le parole giuste entrava in contatto diretto con dio – Vera lo scriveva sempre con la minuscola, perché a dio non credeva, però nell’ispirazione metafisica di F. L. aveva una fede viscerale.

Quasi due lustri dopo, di nuovo a febbraio, si era ritrovata tra le mani Avaria,il quarto romanzo del suo scrittore preferito. Era stato votato dalla maggioranza dei membri di un club di lettura al quale si era iscritta dopo l’estate e in cui ciascuno ogni mese proponeva un titolo. Una ventiseienne con gli occhiali aveva suggerito F. L. alla riunione di gennaio e il resto del gruppo aveva finito per scegliere proprio lui. Così, cinquantasei autori, settecentoventiquattro testi e centootto mesi dopo, e per l’esattezza a pagina 34, Vera aveva realizzato che nemmeno il suo scrittore preferito era esente dal prurito dell’antipatia, perché qualcosa di imperfetto, di dozzinale (di umano, a conti fatti), aveva finito per annidarsi anche nel suo modo di esprimersi.

La gravità della scoperta risiedeva nel fatto che molte penne erano state scartate dal suo personale olimpo letterario per via di pecche di diversa natura, rispetto alle quali F. L. era sempre stato il termine di paragone. Se fosse crollata la considerazione che aveva di lui, sarebbe venuto giù un intero panteon di preferenze, una catena montuosa di libri e l’idea stessa di una potenziale classificazione individuale del panorama culturale internazionale di cui Vera aveva fatto esperienza in trentatré anni.

Dall’altro lato, senza F. L. a incarnare un modello paradigmatico, poteva essere reintegrato Proust, e con lui Dante Alighieri. Nel tempio ci sarebbe stato spazio per le sorelle Brontë, per Dostoevskij, per la Yourcenar, per Cervantes. E naturalmente per le avanguardie, per le opere minori, per altri generi, per chi non era ancora in classifica. Adesso ogni loro macchia avrebbe smesso di essere un’onta e alcune trovate sarebbero state riabilitate, il piacere di altri stili amplificati, la tollerabilità di certi passaggi raddoppiata.

Per assicurarsi di non essere in procinto di demolire la cattedrale di una vita per niente, comunque, Vera si decise a rileggere da capo la frase incriminata. Se te lo metti in camera, a un certo punto della relazione, è perché percepisci che per la persona con cui stai il sesso è passato in secondo piano: non è altro che un simbolo il televisore, punto. Riprovò ad alta voce, il risultato non cambiò. Quest’uomo è un bastardo, pensò stavolta, e devo assolutamente fargliela pagare. La prima osservazione l’aveva già portata alle porte di una rivoluzione culturale, mentre la seconda aveva preso a farle pulsare le tempie sempre più forte.

Per fortuna lo sgomento non ebbe il tempo di risalire del tutto dalle viscere, perché un’intuizione nuova, rapidissima, le aveva appena attraversato la schiena e si stava insinuando nella sua scatola cranica. Così, Vera posò Avaria sul copriletto, andò in soggiorno e accese il portatile. Inserì la password, piazzò il mouse su un punto vuoto del Desktop e cliccò con il tasto destro. Selezionò Nuovo –> Documento di Microsoft Word e rinominò il file La vendetta prima di aprirlo. Dopodiché appoggiò le dita sulla tastiera e in Times New Roman carattere 9, allineamento a destra, digitò a circa metà pagina:

A mio marito F. L., a cui dopo nove anni di letture e cinque di matrimonio devo la scintilla che ha ispirato il mio primo manoscritto.

Illustrazione di Nora

Eva Luna Mascolino

Eva Luna è nata in Sicilia, poi se n'è pentita e in 24 anni ha abitato in quattro nazioni. Parla sei lingue ed è specializzata in traduzione editoriale, ma a parte questo non ha particolari talenti. Fa collezione di impegni come se non ci fosse un domani e il suo sogno proibito è sviluppare un buon senso dell'umorismo.

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