One night stand only

Appoggio sul bancone uno spazzolino semplice, di quelli con la testina che non si muove, aggiungo una pomata per i piedi e qualche barretta proteica; mi fingo distratta mentre chiedo la Norlevo. Il farmacista sembra confuso, mi porge l’orecchio e chiede di ripetere. Io abbasso gli occhi e la voce, gli dico che mi serve una pillola del giorno dopo. Mi pare che la signora, in fila dietro di me, abbia sentito. Si porta una mano alla bocca, tossisce.

Quello mi chiede «Ma ce li hai diciott’anni?». Mi sento sporca. Faccio sì con la testa e lui mi chiede «Sei consapevole dei rischi?». Faccio ancora cenno di sì, ho i soldi già in mano e spero faccia in fretta. Mi dice che loro la Norlevo non ce l’hanno, mi propone un’altra marca e gli chiedo quant’è. Mentre fa i conti mi ricorda di usare le dovute precauzioni, la prossima volta.

Lascio cinquanta euro sul piattino, prendo il sacchetto e con la testa bassa cerco la porta. Il farmacista mi chiama, con la coda dell’occhio vedo che sventola lo scontrino. Oramai sono già all’uscita, alzo le spalle e me ne vado.

In macchina tiro un sospiro di sollievo. Maledico la mia migliore amica, la Meri, che mi doveva accompagnare, ma di mattina è sempre in turno. Ingrano la retro, prendo in pieno il marciapiede, ma non importa. Nascondo la scatola in tasca e getto il resto.

«Mi strozza la cappella» dice e se lo stringe con le mani. Io sto davanti a lui con le gambe aperte e penso che mi dispiace per il suo cazzo, che è pure bello, di come ne ho visti solo nei porno.

Provo a chiudere le gambe e gli dico che se non lo mette me ne vado. Mi mette le mani sull’interno coscia di tutte e due le gambe e spinge in avanti mentre dice «È che poi non sento niente». Gli vorrei dire che no, questa storia proprio no, l’ho sentita e risentita mille volte, invece sto zitta, non voglio che pensi a me come a una di quelle.

Sto sempre a gambe all’aria, con tutto in bella vista. Stringo forte proprio lì e penso che per tirarmi indietro è tardi. Lui continua a spingere e mi fa male. «Oh, cazzo fai?» gli dico. Lui mi guarda tutto rimbambito dall’eccitazione e si ferma un istante. Gli ripeto che, se non lo mette, io me ne vado e mentre glielo dico penso che da quella posizione lì non vado mica da nessuna parte. Questo si alza con la schiena e sembra ragionarci su. Allora provo ad alzare un po’ il culo, ora che è distratto, per prendere vantaggio sui suoi due metri. Se ne accorge e si abbassa su di me di nuovo, in un orecchio mi sussurra «Non mi puoi lasciare così» e ricomincia a spingere. «Esco subito» mi dice e io stringo più forte che posso e con le mani sul suo petto lo spingo indietro. Bestemmio e gli dico che a me così proprio non va bene e gli chiedo se non sa che il coito interrotto ha prodotto più bambini che orgasmi. Lui vuole fare il simpatico e mi dice che quelle cose lì non è che le sa, le fa. Non faccio in tempo a rispondere che lo sento dentro e gli tiro uno schiaffo. Lui pesa un sacco e mi schiaccia.

«Manca poco, ci sono» e intanto spinge e spinge e a me fa un male boia, che oramai la voglia mi è passata, cerco di resistergli, lo sento grattare sulle pareti, lo mordo a un certo punto, proprio quando ha finito. Si lascia andare su di me e io mi sento strana. Lui esce e io sento qualche goccia calda colarmi verso l’ano. «E adesso?» gli chiedo. Mi dice di stare tranquilla che è venuto fuori, se n’è accorto. Mi sembra una cazzata e gli racconto della mia migliore amica, la Meri.

La Meri a una festa si è scopata uno in bagno. Lei ne aveva uno solo, lui nessuno. Erano entrambi troppo sbronzi e mentre lui cercava di metterselo gli è caduto a terra. Solo che tutti e due avevano voglia e così han provato senza e lui è venuto mezzo fuori-mezzo dentro. Le ha detto di stare tranquilla, lei però il giorno dopo era nel panico, mi ha chiamato e insieme siamo andate a cercare una farmacia in un’altra città.

Lui sembra dispiaciuto e mi fa «Scusa, è che non ce la facevo più, sai com’è per noi». Gli vorrei dire che no, non lo so com’è per loro, so com’è per me. Invece gli chiedo di passarmi un fazzoletto e mi pulisco. Si accende una sigaretta mentre mi accarezza i capelli e mi chiede se sono venuta. Gli dico di sì, lui mi fa «Strano, non ti ho proprio sentita». Gli rispondo che sono silenziosa.

A casa mi levo le mutande e sento ancora un po’ male. Mi faccio un bidet e tra le dita scorre qualche filo di sangue. Uso la Saugella e mi chiedo se non sia il caso di metterne un po’ pure dentro, vai a sapere.

A letto prendo il cellulare e controllo gli orari delle farmacie più lontane da casa mia. Chiedo alla Meri se si ricorda il nome di quella in cui andammo quella volta. So che di mattina è sempre in turno, ma le chiedo lo stesso se mi vuole accompagnare. Chiudo gli occhi e penso a cosa farà lui, domani, quando si sveglierà.

Un racconto di Antonia De Sisto

Illustrazione di Alessia Arti

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