Come diventare un uomo

1 –

 

Da quando il signor Festa se n’è andato, Lorenzo e sua madre tengono la porta di casa aperta. Già salendo le scale, per raggiungere il secondo piano, li posso udire parlare, o litigare. Lorenzo ha otto anni, e si domanda dove vadano a finire i sogni quando ci svegliamo.

All’inizio, io e Sara non facevamo caso alla questione della porta aperta. Solo quando ci siamo resi conto che il signor Festa non sarebbe tornato, la cosa ha iniziato a sembrarci strana; tanto che spesso ci scoprivamo a salire quatti e silenziosi, sgusciando davanti alla porta dei Festa sperando di non farci sentire. Lorenzo ci scopriva sempre: più silenziosi cercavamo di essere, più istrionico era il suo benvenuto.

Una sera, prima di cena, Sara si domandò come dovesse sentirsi, quel bambino abbandonato così presto e senza spiegazioni. Mi domandò se secondo me ci si riprendesse mai da traumi simili. Quando le risposi di no, Sara alzò le spalle: “Gli uomini si abituano a ogni cosa”, mi disse, appoggiandomi un piatto di prosciutto sotto il naso. Quella sera, Sara non mangiò niente. Una settimana dopo, le chiesi di trasferirsi da me.

 

Oggi è una giornata molto più calda del solito. Ho abbassato tutte le persiane, e acceso la tv.

Passo le mie ferie immerso nell’aria condizionata. Le finestre chiuse mi proteggono dal calore e dalla vista degli scatoloni. Temo il giorno in cui Sara verrà a prenderseli, e mi farò trovare inerme. Uno che si alza solo per pisciare e mangiare.

È in una delle mie avventure verso il bagno che, un giorno, bussano alla porta. Mi muovo a fatica, inciampo in una scarpa, poi in una pila di vestiti.

Quando riesco ad aprire, un’ombra sguscia dentro. Lorenzo.

– Ti serve qualcosa? – domando senza chiudere.

Solo dopo noto la strada di piccole gocce di sangue che si è lasciato dietro, entrando; piccoli rubini che conducono a un ginocchio orrendamente sbucciato.

– Chiamo la tua mamma?

Lorenzo tace. Cade un’altra goccia. Poi, finalmente, il suo volto si accartoccia piano, e si scioglie in lacrime.

Dieci minuti dopo è seduto sul divano, nel posto dove, fino a qualche mese fa, io e Sara scopavamo. Dovrebbe averci sentito spesso, la ex bella famigliola del piano di sopra.

– Ti fa male? – gli chiedo, mentre applico la garza. Scuote la testa.

– La mamma dice che noi maschi riusciamo a superare ogni cosa! – risponde.

– Ah, ti ha detto così.

Lorenzo si guarda attorno.

– Dov’è Sara?

Premo sulla medicazione col palmo della mano – AHIA! – poi mi metto accanto a lui, sul divano, e aspetto che se ne vada. Dopo qualche secondo di silenzio, Lorenzo scatta in piedi.

– Facciamo un patto, – dice, mettendomisi davanti – se mi fai diventare grande, io ti dico dove è andata Sara.

Alzo gli occhi sul suo ginocchio. La medicazione che gli ho fatto già inizia a cedere, il sangue macchia la garza.

– Sara è a casa dei suoi, per le ferie.

– No, no – dice, – L’hanno rapita, e io posso andare a riprenderla se tu mi insegni come diventare grande subito.

Come diventare grande, mi ripeto come un mantra mentre mi trascino verso il frigorifero e rubo al freezer l’ultimo ghiacciolo all’arancia. Lorenzo segue la mia mano con lo sguardo. Mi siedo con tutta calma.

– Beh? Che guardi? – gli chiedo – I grandi non mangiano i ghiaccioli.

 

2 –

 

Da quando Sara se n’è andata, la porta della casa aperta la tengo anche io.

Minime incursioni d’aria raggiungono le stanze, le liberano dalla polvere. Da quando tengo la porta aperta, ogni giorno, Lorenzo viene a imparare come diventare grande. Non posso evitarlo: la sua vicinanza e le sue aspettative mi ricordano una versione di me che non è mai esistita. Una versione che abbandona, non si fa abbandonare, che s’impone e non recede. Che insegna, senza aver mai imparato. Un uomo.

 

 •

Cosa serve per diventare grande:

 

– Un corpo da uomo

– La faccia tosta

– Non arrendersi mai

– Non dipendere da nessuno, men che meno dai padri

– Non dipendere da nessuno, tanto meno dalle donne

– La barba

 

Quando un pomeriggio do a Lorenzo il foglio, la prima cosa che d’istinto fa è alzare gli occhi dalla lista e spostarli sui miei avambracci secchi, sul mio mento, e poi, lentamente, sulla casa sporca.

– Beh, che cosa aspetti? – gli grido, – Dieci flessioni, per cinque volte. Hai quindici minuti.

Lorenzo finisce la serie in dodici minuti. Quando si alza, sudato, dal pavimento sporco, continua a guardarmi.

– Penso che dovresti morire – dice a un tratto.

– Cos’hai detto?

– Credo che dovresti pulire, qui.

Mi sento stanco. Mi chiedo da quanto tempo non faccio esercizio. Forse dovrei prendere aria. Aria.

– La lezione di oggi è finita. Compito per casa, ubriacati.

 

Ogni tanto penso alla vendetta che potrei prendermi su Sara. Ma ogni volta che la programmo, la immagino, si sfilaccia, si perde nella confusione del sognare. Devo restare fermo, come i bambini quando si perdono. Fermo, e la risposta arriverà. Un uomo.

Nelle settimane successive, Lorenzo impara a fare venti flessioni di fila, beve birra, inizia a rispondere a sua madre. Passo le giornate a parlargli di risse che non ho mai fatto, e di donne che non ho mai avuto. Ogni tanto si gratta il mento e mi chiede se gli è cresciuta la barba. Mi chino, controllo. Niente. Un giorno mi fa visita con un occhio nero. – Non ho pianto! – Mi dice, trionfante.

Dopo un mese, Lorenzo inizia a presentarsi sempre più di rado. Mi racconta di una ragazza, mi fa vedere qualche foto. Un giorno gli chiedo di suo padre, se gli manca. Lui fa spallucce. Dice che la mamma ha bisogno di lui. Spesso mi aiuta a pulire.

Poi, l’ultimo giorno, mentre stiamo lavorando su come dare una testata, si ferma all’improvviso. Annusa l’aria.

– Qui c’era un odore diverso, prima – dice, – Da quando ci sei solo tu è sparito. Si può riprendere un odore?

Scuoto la testa. Gli spiego con forse troppa foga che gli odori delle case sono un misto di aloni passati, di odori incastrati nel legno, di residui di pranzi e cene. Che sono cose che non si possono ritrovare, una volta perduti, e che allo stesso tempo sono sempre lì, sempre sopiti.

– Come i fantasmi, – dice, ridendo di una risata leggermente feroce.

– Non hai paura dei fantasmi? – chiedo, sussurrando.

– Io non ho paura di niente. – dice. Poi, dopo qualche secondo di silenzio: – E se sono stati i fantasmi, a rapire Sara? Come si uccide un fantasma?

Lo odio. Non rispondo. Siamo in piedi, uno di fronte all’altro, e mentre decido se colpirlo o invitarlo a uscire, a Lorenzo sembra venire un’illuminazione improvvisa. Dalla tasca estrae un cilindro scuro.

– Papà, invece, aveva questo odore qui. – dice.

Prendo il flacone e me lo rigiro tra le mani. Proraso Verde, da supermercato: una schiuma dozzinale all’eucalipto e mentolo.

Quando torno ad alzare gli occhi su Lorenzo, ha in mano un vecchio rasoio a mano libera. Riesco a vedere la ruggine da qui, sull’impugnatura e sulla lama. Nell’oscurità, lo sguardo fisso e fiero del bambino è la minaccia perfetta, affilata come solo il giudizio di un uomo può essere.

– Secondo me sono cresciuti i peli, – dice all’improvviso, grattandosi la guancia. Mi avvicino piano. Gli tocco il mento. Ho paura che mi possa colpire da un momento all’altro, al fianco. Ho i muscoli tesi.

– Sì, è vero – gli dico.

 

Siamo davanti allo specchio del bagno, ora. La mia pancia appoggia sulla sua schiena.

– Ecco, la lama perpendicolare alla gola, così – gli dico dolcemente, mentre con le dita stringo le sue sull’impugnatura del rasoio. La mia mano avvolge interamente la sua. Il suo viso è una maschera di schiuma. Questa lezione lo diverte particolarmente.

– Una volta appoggiata la lama, la fai sfilare lungo il collo, da una parte all’altra, come a disegnare un sorriso.

Lo guardo riflesso nello specchio, vedo il mutare dello sguardo. Lo sento mentre cerca di divincolarsi, ma senza sicurezza, diviso tra la curiosità di scoprire come si diventa uomini, la fiducia, e la paura. Non ho il coraggio di uccidere nessuno, ma posso insegnare. Premo ancora. La schiuma si punteggia di rosso. Insegnare.

– Mi fai male – dice piano.

– Esatto – rispondo io.

Un racconto di Federico Armani

Illustrazione di Leiparlatroppo

2 thoughts on “Come diventare un uomo

  1. e i bimbi diventano ragazzi e i ragazzi uomini e ti ritrovo in uno spazio indefinito appeso tra gli stati…ciao Fede
    p.s. attendo ansiosa nuove parole

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