Il cane malato

Il mio cane s’è preso un cancro di quelli che ormai ci rimane più cancro che cane.

Anche se lo so che quando i cani sono così vecchi e cominciano ad averci i tumori fai la fine di Hercules contro l’idra, ne togli uno per fargliene sbucare dieci, e mo’ l’ultima cosa a cui vorrei pensare è pagare la retta alla Bocconi al figlio del veterinario, comunque l’ho chiamato alla fine – il veterinario – perché che fai non lo chiami, lo chiami per forza.

Il mio cane è uno stronzo, ma non perché è vecchio, infatti è sempre stato uno stronzo e se provi a spazzolarlo o anche solo a toccarlo quando c’hai qualcosa in mano ti mozzica. Adesso, quand’era piccolo ancora ancora, ma a una certa gli ho detto vaffanculo cane, se devi essere così stronzo spazzolati da solo. Ovviamente lui non l’ha fatto.

E fino a qui mi poteva anche stare bene, se non fosse che quando il veterinario è venuto – dopo che l’abbiamo fermato mentre mangiava, in due, e mi ha pure strappato la manica del pigiama – mi è stato fatto notare che oltre a essere più cancro che cane il mio cane era anche più nodo che cane, e quindi, sempre il veterinario, ha concluso che sì – avrei potuto pagarlo dopo l’operazione – ma anche no, che finché non tagliavo quell’ammasso di peli di certo lui non avrebbe operato niente.

Io da un po’ di tempo sto veramente alla canna del gas e mo’ l’ultima cosa a cui vorrei pensare, oltre a pagare la retta alla Bocconi al figlio del veterinario, è sganciare pure altri soldi alla tosatrice per pulire il cane. Comunque alla fine l’ho chiamata – la tosatrice – perché che fai non la chiami, apparte che con tutto il tempo che ci vuole per sciogliere i nodi di quello stronzo del mio cane potrei preparare la tesi che non ho mai scritto, e poi uno magari c’ha il tempo di fare un articolo pagato malissimo, di scrivere quel testo pagato malissimo per quella brochure di stufe a pellet, e quindi finisce che la chiami per forza.

La tosatrice è una finlandese di quasi due metri, la finlandese più alta che io abbia mai visto, anche se in tutta la mia vita credo di averne viste solamente due, lei e la mia capa finlandese di quando lavoravo al negozio di mobili, quella che m’ha licenziato perché non andavo al lavoro ed era tutta piccolezza e cattiveria.

C’hai il pigiama strappato mi dice come prima cosa della vita, ancora prima di avermi guardato mi sembra – al che suppongo che ne abbia sentito l’odore – ancora prima di scendere dalla macchina. Quando provo a spiegargli che il cane mozzica sorride e mi sembra un barbalbero transessuale al gay pride. Poi mi risponde che pure i montoni mozzicano, e vedessi come ci vanno cattivi quando li tengono a digiuno per non fargli vomitare tutto.

Il tempo di riflettere un attimo sul colore del vomito di un montone che mi giro e la tosatrice è già sul cane, che ci prova a girarsi male ma poi credo che incontri il suo sguardo e cambi idea, la tosatrice finlandese è una specie di Brienne di Tarth, ma che fa ancora più paura.

Stavo facendo una partitella al secondo Age of Empire, è sempre bello nei momenti di riposo ripescare vecchi giochi del computer e andare di nostalgia, provo a dirgli allora io rientro, eh, buon lavoro, ma quando ancora sono a metà del pensiero quella mi fulmina con lo sguardo – al che suppongo che ne abbia sentito l’odore – allora volo basso, vado un attimo a vedere una co, no eh? Allora magari preparo un caff, d’accordo, mi sa tanto che rimango qui, non sia mai che ti dovesse servire aiuto.

La tosatrice finlandese mi dice che sono così gentile a offrirmi volontario spontaneamente, suggerisce il fatto che noi italiani siamo tutti così gentili con lei, e io vorrei suggerirgli che noi persone sotto i centoventi chili siamo tutti così gentili con lei, ma non lo faccio. Poi accende la macchinetta da pecora, lo specifica proprio che è da pecora. 

Il mio cane non è mai stato così buono, e la tosatrice ha finito il lavoro in un’oretta. Mi fa prendere una busta, mi fa alzare le zampe nei momenti delicati, mi mette a raccogliere i peli con la scopa, e devo dire che io mi sento bene a lavorare con lei, per un attimo penso persino che sarebbe bello se la tosatrice fosse mia madre.

Questo cane non è cane, è tutta pecora, ci tiene a dire quando ha finito, poi mi sorride – ecco ancora il suo lato barbalbero – poi mi stritola la mano e se ne va.

Quando è uscita dal cancello il mio cane mi si avvicina scodinzolante e mi vomita sulle scarpe. Gli accarezzo la testa e gli dico guarirai, bello, sì che guarirai, e per un attimo penso che forse dovrei provare a fare l’operaio, il cameriere, l’autista, o comunque potrebbe essere bello trovarmi un vero lavoro.

Illustrazione di Nora

Luca Marinelli

Ha per tanto tempo pensato di essere un attore famoso. Poi si è reso conto che quello, a differenza sua, era nato in un carciofo alieno. Da allora scrive per compensare il distacco tra quello che è e quello che sarebbe voluto essere e con la scrittura si è fatto tanti amici. Alcuni di questi sono anche delle persone vere.

 

One thought on “Il cane malato

  1. ci sono passata. Dalla fase tumore/idra. Hai reso l’idea. Fortuna che almeno era a pelo corto 😉 Ma il dolore è lo stesso e la retta bocconiana pure. La finlandese mi manca ma l’hai resa molto bene 🙂

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