Il Trovarobe

Quando dico che di lavoro faccio il trovarobe la gente sfodera sempre quell’espressione lì, quella che avete voi adesso in faccia, che dice chiaro e tondo ‘sto qui non sta bene con la testa. E invece sì, che sto bene con la testa. Il trovarobe è una delle figure più importanti dell’industria cinematografica, per vostra informazione. Potreste scriverci una tesi di laurea. Un saggio. Un manuale collettaneo.

È merito dei trovarobe se i set dei film che vi piacciono tanto sono come sono, se la tessera di Blockbuster in Donnie Darko vi fa sorridere come se foste ancora quei ragazzini che passavano il pomeriggio a decidere quale dvd affittare per qualche ora. I mobili di casa, strabordanti di quei vecchi oggetti mai buttati, sono la nostra maggiore fonte d’ispirazione – seguiti immediatamente dai negozi dell’usato che ogni sabato concedono il prendi due paghi uno.

La trottola di Inception? L’ho ridisegnata io, a partire da una vecchia trottola di Christopher che non girava nemmeno. Mentre la poggiavo sul tavolo m’ha sguinzagliato un occhiolino, dall’altro lato della macchina da presa, che non dimenticherò mai.

Tre mesi fa m’hanno preso da parte, quelli che stanno ai piani alti di uno studio di produzione che non posso nominare in questa sede, e m’hanno offerto una promozione. Un upgrade. Il trovastorie. Che in realtà sempre trovarobe si chiama, per questioni legali – niente di che, cavilli legati alla privacy – ma ogni tanto, nel mio intimo, mi piace definirmi così. Trovastorie. Sarebbe un bel titolo per un romanzo, o un documentario, o un biopic.

Comunque, dicevo, questi m’han messo a cercare storie, appunto, ma mica lì agli angoli delle strade, no, m’han messo sulla Cinquantaduesima in uno di quei palazzoni con le vetrate tutte uguali e le imposte tutte uguali e le stanze tutte uguali. Binocolo in mano, auricolare nell’orecchio, un registratore sulla scrivania. E che devo fare adesso? Ho chiesto. E questi m’han detto Adesso guardi.

È così ch’è iniziato il mio lavoro da agente segreto del cinema.

Lo so a che state pensando: ma è legale, questa cosa? Sì e no. Perché alla fine noi non è che rubiamo tutto tutto; non è mica così interessante la vita della gente. E le parti interessanti, beh, non sono un’esclusiva di una persona sola. Si sa, ogni riferimento è puramente casuale.

Pensateci: massimo guadagno per tutti. Per noi, che evitiamo di tediarvi con le nostre trame rimaciullate cento volte. Per voi, che uscite dal cinema soddisfatti, facendovi aria col biglietto di carta e commentando sembra proprio quello ch’è successo a me, incredibile, quanta immedesimazione! Quanta sensibilità.

Una sera me ne stavo lì, nella camera da letto, accanto alla lampada verde lime, a tenere d’occhio uno dei miei occupanti preferiti. Lui era diverso da tutti gli altri. Viveva in un isolamento inusuale per un uomo come lui, bello, sulla quarantina, apparentemente sano come un pesce.

In casa sua non entrava mai nessuno; gli unici che si presentavano alla sua porta, senza mai fare un solo passo oltre la soglia, erano i fattorini di PizzaHut. Ho un sacco di registrazioni su di lui. Nessuna di queste particolarmente strana, fino a quel giorno, non per i miei standard, almeno: le persone quando sono sole fanno un sacco di cose discutibili. Si sdraiano sulle coperte appena lavate con le scarpe sporche di fango, si masturbano su cartoni animati giapponesi pieni di tentacoli, tradiscono i partner mentre i figli piccoli dormono a una parete di distanza.

Dicevo, fino a quel giorno. Me ne stavo lì a osservare l’uomo, quando a un certo punto questo qui guarda dritto verso di me dalla sua finestra. Uno sguardo in camera vero e proprio. Ho perso un battito e poi ho premuto play.

«Mi sta guardando. Sorride. Adesso ride.

Sta camminando verso l’ingresso. Apre una valigia, di quelle grandi, tutta rossa.

Dentro c’è… un manichino? Una persona. Però non si muove. Penso sia morta. La sta portando verso la finestra, verso di me.

Oh, Dio.

Dio, questo sarebbe bellissimo in piano sequenza.

Si è seduto sulla poltrona con la testa della ragazza sulle gambe. Le sta facendo qualcosa alla bocca. Mi serve il binocolo.

Dio, già ce lo vedo, un Cillian Murphy seduto proprio così, o al massimo un Tom Hiddleston.

Col binocolo è tutta un’altra cosa: il filo è blu scuro, fa un contrasto spaventoso con la pelle perforata in più punti, come l’orlo di un vestito – sembra che le stia cucendo un livido addosso, quando invece è solo lana su viso. Qua ci sta un particolare sulle sue mani che si muovono, poi sulle labbra bucate di lei.

L’uomo mi sta guardando. Le cuce ancora la bocca. Perché lo fa? Dio, voglio saperlo.

Ha gli occhi azzurri.

Toni freddi. Bisogna dire al direttore della fotografia di usare i toni freddi.

Ride e mi guarda. Sentite le macchine sotto di noi? E i clacson? È l’ora di punta. Tutta la parte sonora sarebbe una bomba.»

Ho mandato la registrazione al capo via mail ed ecco che lui bussa alla mia porta, due giorni dopo, con la faccia di chi non dorme da un bel po’. È venuto da Los Angeles solo per chiedermi di persona perché non ho chiamato la polizia.

Gli ho detto la prima frase che m’è venuta in mente, cioè che le persone quando sono sole fanno un sacco di cose discutibili, e lui m’ha guardato come si guarda il soggetto di un film alla sua penultima bozza, poco prima di crederci fino in fondo. M’ha chiesto se avessi fatto ascoltare il mio racconto a qualcun altro e io ho risposto di no.

Poi se n’è andato, così, senza salutare, e in quel momento ho pensato vuoi vedere che adesso mi licenziano. Proprio me, che ho ridisegnato la trottola di Inception.

Allora ho fatto le valigie, ho svuotato il frigo e ho buttato la differenziata, ma non è servito perché alla fine, sentite qua, alla fine è successo l’impensabile.

È successo che il capo è tornato, dopo qualche giorno, con tutta la troupe al seguito, e mi ha detto che gli è venuta quest’idea di filmare gente che guarda altra gente che guarda altra gente. Che mi vogliono come protagonista per quest’esperimento cinematografico. Che potrebbe diventare virale, persino. Perché la curiosità del pubblico è una bella bestia – e le persone quando sono sole fanno un sacco di cose discutibili.

E io ho risposto sì. Ovviamente, ho risposto sì.

Il primo giorno di riprese è arrivato il nuovo trovarobe e ha sostituito la lampada verde lime con una verde smeraldo. Per i toni freddi, ha detto. Gli ho sorriso. Farà strada.

Un racconto di Fabiola De Santis 

Illustrazione di Maria Caruso

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