Maria Caruso per Jacopo Milani

Isn’t she lovely

«Ti ho portato un regalo».
«Fammelo vedere».
«Se prometti che farai la brava».
La bambina si prese un attimo per pensarci. Strinse le mani e abbassò lo sguardo, dondolando sulle punte.
«Va bene».
«Tieni» disse. Le porse un pacchetto avvolto nella carta da regalo. La bambina si sedette sulla panca di legno e iniziò a scartarlo. L’involucro nascondeva un piccolo cofanetto di raso blu con le cerniere dorate. Lo rigirò tra le mani e alzò cauta lo sguardo verso l’uomo.
«Aprilo» le disse, e le si sedette accanto.
La bambina fece scattare la serratura con il dito e lo aprì. Due orecchini a cerchio brillavano alla luce che entrava dalla finestra.
«Ti piacciono?».
«Sì».
«Ti va di metterli?».
«Mi sa che i buchi mi si sono richiusi» disse toccandosi un lobo con il pollice.
«Vediamo». L’uomo si chinò e le scostò i capelli. Le carezzò l’orecchio e poi studiò il lobo con attenzione.
«Eccolo. Si sta richiudendo, ma c’è ancora» disse.
«Ma mi farà male».
«Ci penso io, tesoro».
L’uomo prese un orecchino, s’inumidì il polpastrello e bagnò la carne attorno al forellino. Appoggiò il perno sul lobo e lo fece roteare lentamente, poi lo infilò. Lo sentì bloccarsi dopo appena qualche millimetro dentro la pelle.
«Adesso farà un po’ male» disse. Lo spinse all’interno, poi tornò indietro e calcò con più decisione. Il blocco s’infranse e il perno si fece strada all’interno della carne.
La bambina soffocò un grido e strizzò gli occhi.
«È fatta, tranquilla» disse, carezzandole la testa. Una lacrima le scese lungo lo zigomo e si arenò per qualche secondo sulla curva della mandibola, poi cadde pesante e le bagnò la coscia. L’uomo se ne accorse e la baciò sulla guancia, proprio dov’era scivolata la lacrima. La coccolò per qualche istante, respirò l’odore dei suoi capelli e pensò che l’amava tanto.
Riprese il suo viso tra le mani, con la farfallina le bloccò l’orecchino e si passò la lingua sulle labbra godendosi il sapore salato del pianto.
«Ora mettiamo l’altro».
La bambina lo guardò invocando pietà.
«Ti fa male?».
«Mi brucia tanto».
L’uomo le prese il mento tra le dita e la guardò negli occhi.
«Tranquilla» disse.
«Mi fa male».
La fissò con aria dolce. «Facciamo così, ti confido un segreto» disse. La bambina tirò su con il naso.
«Quando ero piccolo giocavo con mio fratello. Lui era più grande. A volte correndo scivolavo sui sassi e mi sbucciavo un ginocchio o magari un gomito, allora piangevo. Sempre. Un giorno lui mi vide piangere e mi diede uno schiaffo così forte che la guancia mi fa ancora male. Continuai a piangere per tutta la giornata finché la sera mi ricordai che avevo un ginocchio sbucciato. Il dolore dello schiaffo me lo aveva fatto dimenticare».
La bambina si asciugò le lacrime con la mano. L’uomo le guardò una pupilla, poi l’altra, e le stampò un bacio sulla bocca.
«Dai, mettiamo l’altro». La bambina porse l’altro profilo. L’uomo le portò i capelli dietro l’orecchio e provò a mordicchiarlo per farla sorridere, ma le rimase un’espressione mesta sul volto. Si perse per qualche secondo ad ammirare la nudità del suo collo, poi prese l’orecchino e lo infilò nel lobo. Fece forza e bucò la pelle. La bambina liberò di nuovo un verso di dolore, ma cercò di trattenere le lacrime. Con il piede urtò le borracce vicino alla panca. Una di queste cadde e si rovesciò sul pavimento. L’acqua scivolò nella grata di scolo.
«Non è niente, tesoro. Abbiamo fatto, visto?».
La ragazzina annuì mordendosi il labbro e tirò su con il naso.
«Andiamo allo specchio» disse, e la prese per mano. La mise di fronte a se stessa, inginocchiandosi per essere alto quanto lei. Appena vide il proprio riflesso, la bambina si aggiustò i capelli. Non voleva darlo a vedere, ma si sentiva più bella con gli orecchini addosso.
«Ti piacciono?» le chiese.
«Sì».
«Li metterai domani?».
«Va bene».
«Ti amo tanto, tesoro».
«Grazie».
«E tu mi ami?».
«Sì».
«Hai voglia di dirmelo?».
«Ti amo».
La strinse al petto e la baciò sulla fronte. «Devi andare adesso, togliamoli. Li rimettiamo domani».
«Va bene».
«Mi raccomando».
La bambina uscì e la porta dello spogliatoio si chiuse alle sue spalle. L’uomo aspettò un paio di minuti, poi infilò la giacca e uscì. Attraversò il corridoio e guardò la luce riflettersi sulle porte delle aule. Arrivò nell’androne, aprì la porta a vetri e camminò nel parcheggio fino all’automobile. Guidò tranquillo compiacendosi delle strade poco trafficate. Alla radio Isn’t she lovely gli ricordò i suoi vent’anni e iniziò a tamburellarne il ritmo sul volante. Qualche minuto più tardi parcheggiò nel garage. In ascensore fischiettò il ritornello della canzone. Entrando in casa chiamò la moglie, sentì la sua voce e la seguì sino in camera da letto.
«Tesoro» disse. Tolse la giacca e la poggiò sulla sedia.
Lei lo guardò sorridendo. «Hey, com’è andata oggi?».
«Bene, ho finito presto».
«Mi sei mancato».
Si chinò su di lei e la baciò sulla bocca. «Anche tu».
«Preparo qualcosa per cena».
«Bene, io faccio una doccia».
La donna si alzò e andò in cucina legandosi i capelli. L’uomo entrò in bagno e aprì il getto dell’acqua. Sbottonò la camicia, tolse le scarpe e tornò in camera. Dalla tasca della giacca estrasse lo scrigno, aprì il cassetto dei gioielli della moglie e ve lo ripose con cura. Alzando lo sguardo vide se stesso nello specchio.

Un racconto di Jacopo Milani

Illustrazione di Maria Caruso

 

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