Manolita

Ieri ho quasi scordato da quanti giorni sono su questa spiaggia. È per questo che ho deciso di scrivere questo diario, Manolita. Per tenere conto del tempo e lasciare qualcosa della mia permanenza nel caso io non riesca a ritornare a casa. Oggi sono sei giorni che mi do all’ozio su questo atollo, talmente ristretto da poterlo circumnavigare con uno sputo ben dato. Per fortuna la cassa a cui mi sono aggrappato durante il naufragio era piena di gallette. A riva ho pure trovato un paio di bottiglie di rhum e qualche relitto di legno: non posso lamentarmi. Posso farcela, ho tutto il necessario.

Qui il peggior nemico è la noia. Se non scrivessi queste pagine sarei già impazzito. Le bottiglie di rhum sono in piedi, affondate nella sabbia, e le loro bocche di vetro sembrano mormorare il mio nome, giorno e notte. Ma non sono così sprovveduto da cedere: qui non c’è acqua se non quella del mare e se mi dessi all’alcol mi seccherei come una prugna. E quindi torno alla noia. Che scrivere di questo mucchio di sabbia bagnata, allora? Posso solo raccontare di quanto mi manchi, Manolita, e di quanto sia impaziente di rivederti.

Ieri notte ti ho vista, sui bordi del mare, sotto la luce di luna. Eri davvero tu, Manolita? Mi stavi chiamando a te, Manolita? So che non era vero, non potevi startene in piedi in mezzo all’oceano. La frescura del mare mi ha fatto rinsavire in tempo, quando ho immerso i piedi nell’acqua. Che sciocco, tu non eri certo lì. Chi dice che sia il sole a portare alla pazzia non conosce i sotterfugi di cui è capace la luna. Al diavolo!

Oggi ha piovuto! Sapessi quanto ero felice! Una volta nascosto il diario nella cassa delle gallette, ho svuotato una delle bottiglie di rhum e ho raccolto acqua piovana per giorni. La pioggia è durata tutta la mattina e parte del pomeriggio e, una volta riempita la bottiglia, mi sono messo con la bocca spalancata rivolta al cielo, finché me ne ha voluto concedere. Forse ce la farò davvero, Manolita!

Le gallette sono ammuffite. La pioggia le ha guastate. I relitti della nave sono fradici. Non posso accendere il fuoco. Proprio oggi che mi era parso di vedere delle vele, all’orizzonte. Avrei voluto nuotare fin là, ma a che sarebbe servito? Dopo poche bracciate mi sarebbero mancate le forze, non avrei fatto in tempo a raggiungerle. Forse nemmeno c’era, la nave: da giorni non sono certo di nulla. Ho finito metà della seconda bottiglia di rhum, per scacciare la frustrazione.

Granchi! Negli anfratti degli scogli ne ho presi a dozzine! E la legna ora è asciutta! Con la pancia piena, Manolita, penso a te. Ho pianto sui gusci di quegli esserini, una volta mangiati: forse anche loro sognavano una Manolita tutta loro, con le chele e il carapace. Se io li ho uccisi, chi sono per tornare dalla mia, di Manolita? Avrei voluto annegarmi per la colpa: la luna pareva illuminare un punto lontano, in mezzo al mare, abbastanza profondo da nascondere a Dio il mio corpo disgraziato. Puah! Senti che vado a pensare! Quest’isola è uno scoglio maledetto. Ho finito l’ultima bottiglia. Va bene così, ho ancora acqua.

Manolita, vieni a prendermi? Per favore, per favore, per favore vieni! Sono dentro di me dentro di me dentro di me i granchi li sento dentro di me di me me me

Il sole mi sfinisce. L’acqua scarseggia. I pochi crostacei e pesciolini che pescavo hanno imparato a girarmi al largo. Mi sono ridotto a mangiare le gallette, grattando via la muffa verdastra. Spero solo di non prendermi qualche infezione.

Devo solo scrivere, scrivere, scrivere. Scrivendo non impazzirò. Non impazzirò. E se fossi già impazzito? Oggi ti ho rivista, Manolita, ti ho rivista salutarmi sulla spuma delle onde. Mi stavi chiamando. Questo scoglio è così piccolo, il mare così vasto e io ho così tanta paura. Aiuto, Manolita. Qualcuno mi chiama.

Basta.
È là, che mi guarda. In piedi. Fermo. A un miglio, forse due.
Basta.

Credo che una nave stia venendo in questa direzione. Lo sento. Ha piovuto di nuovo, ho acqua per un’altra settimana. La mareggiata ha portato conchiglie e paguri. Manolita, a te tutto il mio amore. Ti penso, prima di addormentarmi sulla sabbia, sperando che il falò attiri l’attenzione di qualche marinaio.

Non uscirò vivo da qui.

Stanotte era in piedi, sulla spiaggia. La luna illuminava i suoi contorni e ne nascondeva il ghigno. Quando ho afferrato un legno ardente è sparito. Come un sogno. Ma la luna è rimasta. Capisci, amore mio, la luna è rimasta! Su questo scoglio batte sempre la Luna piena! Ogni notte! Dio, Manolita, salvami!

Non ne posso più. Il mare brilla. Mormora il mio nome, tra gli scogli, tra le bottiglie, sulla sabbia in volo. Se mai troverai questo diario, se mai qualcuno lo troverà, gett

Non temere. Va tutto bene. Sto meglio. Se troverete questo diario, non scomodatevi a cercarmi. Ci vediamo presto, Manolita.

Illustrazione di Nora

Guido Zanetti

Guido nasce a Genova nel 1992. Cresce a Pavia, dove studia filosofia per tre anni e tre quarti. Corre a Torino, dove studia sceneggiatura alla Scuola Holden.

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