C’è la nostra fessura, lì, proprio lì, possiamo raggiungerla.
Se non ci sei riuscita tu, perché pensi che io ci riesca?
Guardati, sei grande ora. Ti va corta, quasi, quella felpa.
Lì non passa il tempo, dove sei tu?
Certo che no.
E sei con la fessura?
Non ancora, ma dipende solo da te.
Non riesco a capire.
Concentrati. La vedi la fessura?
Dove?
Non riesci a vederla attraverso le fiamme?
Vedo solo un caminetto acceso e del fumo di sigaretta che rende meno arancione il tutto. Lui è vicino, mi cerca con lo sguardo, io gli dico qualcosa che lo fa ridere e i suoi occhi stanchi sembrano rilassarsi.
Sei lì, vicino la fessura.
Ora non vedo più niente, è tutto così confuso.
Devi sentirla.
Sento solo il vino nel respiro.
Bene, bene. Che altro?
Risate. C’è gente felice, qui.
Ancora.
Musica, c’è della musica e dei corpi che si sfiorano, sorrisi.
Bene così.
Ho la testa leggera, ma c’è qualcos’altro, c’è paura.
Schivala.
Vedo degli occhi. Mi fissano.
Ancora.
Muro sulla schiena e una bocca nella mia, la sua bocca, so che è lui.
Non ti arrendere.
Entro in una macchina, lo sportello si chiude, una mano prende la mia, ha l’odore di quelle labbra, di quel respiro. La accarezzo e le sue dita mi entrano nella pelle.
Sì.
Il mio corpo viene avanti, con un tonfo, una frenata brusca. Sento freddo. Non stringo più quella mano.
La fessura dov’è?
È dentro, è qui.
Puoi vedere attraverso di lei quando vuoi.
Per uscire dalla mia realtà.
Dalla nostra.
Già.
Non si sporcherà mai.
Ma non posso vederla.
Ora l’hai fatto, l’hai vista.
Non credo di capire.
Pensa a lei come qualcosa che ti permette di sbirciare attraverso una porta che non potrai mai aprire.
E se non mi bastasse?
E se fosse davvero nel fuoco?
Allora mi brucerei.
E se l’avessi già fatto?
Non è bastato?
Sono ancora qui, mentre lui è già una fessura. E le fessure restano fessure.
È lui la fessura?
Sì.
Si dice che dalle fessure entri la verità.
È così.
Lui ci si farebbe una risata su questa frase, direbbe che la verità rovina l’atmosfera, che svuota il mistero.
Sì, lo so.
Che significa tutto questo?
Ricordi il sogno di nonna, quello in cui lei era a metà scalinata e sentiva musica, vedeva una luce, angeli, e voleva salire, ma qualcuno l’ha fermata e le ha detto che non era ancora il suo momento?
Sì.
Io mi trovo alla fine di quella scalinata e lui è già passato oltre. Come quando salivamo le scale che ci portavano al punto più alto del paese e lui era sempre avanti a noi, si girava e ci prendeva in giro dicendo che avevamo le gambe troppo corte.
Perché me lo stai dicendo?
Perché devi fare una scelta, non possiamo continuare a stare ferme.
Se stai ferma non puoi commettere errori.
Qualsiasi decisione prenderai, se riuscirai a credere a ciò che ti sto dicendo, lui resterà con te, con noi. È la nostra fessura.
Non ne sono convinta.
L’hai sentito prima, no?
Solo perché ancora non sono nella realtà.
Lui non si arrenderà facilmente, lo sai anche tu. Non si è mai arreso.
Ho paura di non farcela.
Anche io.
Puoi dirmi qualcosa che non sappia già?
No.
Giusto.
Non siete mai stati nella realtà, voi.
Voi? Ora ne parli come se a te non importasse.
Lasciami finire.
Oh, scusa.
Non l’avete mai potuta vivere, la realtà. I vostri erano solo momenti che contenevano la vostra verità, una verità invisibile e impenetrabile, incomprensibile agli altri. Se permetti, ora, alla realtà di passare nella fessura, la sporcherà. Vuoi che lui sia una fessura sporca?
Odio le domande retoriche. Lo sai benissimo quello che voglio.
Certo.
Sento tante mani, mi stringono ogni giorno, ma quella mano, la sua, non l’ho più sentita. Mi chiedono di svegliarmi, di tornare da loro, e sento che non mi basta. Come faccio a sapere che lo sentirò ancora? Ho bisogno della sua stretta, del suo respiro.
Non puoi saperlo, puoi solo sperarlo. È questo che rende più sopportabile la terra: il dubbio ammortizzato dalla speranza.
Credevo che quel tonfo fosse solo un sogno. Non doveva bere così.
Già.
Tu sei abbastanza vicino alle fessure, giusto? Se io posso sentire la nostra grazie a te, anche lei potrà sentire me.
Sì.
Puoi dirle qualcosa?
Cosa?
Dille che non mi stancherò mai di guardare attraverso lei.
Bene.
E dille anche che qualcosa esiste, ti prego. Me lo chiedeva sempre. Voleva sapere se esistesse il paradiso e io questo ancora non lo so, ma se è successo ciò che penso e io parlo con te, significa che qualcosa esiste. Diglielo, per favore. Non lo ammetterebbe mai, ma io so che ha davvero paura.
Forse lo sa già.
Un racconto di Claudia Polsinelli
Illustrazione di Beatrice Bandiera