ERNESTO

Tutto iniziò quando zio Ernesto decise che voleva andare a vivere a Torino.
Ma non lo sai che là si mangiano la polenta, ribatté subito zia Assunta, vuoi davvero far crescere tuo figlio tra i mangiapolenta, sei diventato scemo?

Zia Assunta era rigida e autoritaria come una donna del Nord, ma era nata e vissuta a cento chilometri da Tunisi. Zio Ernesto doveva diventare architetto, ma un giorno un autobus l’aveva preso in pieno mentre attraversava sulle strisce; si era salvato, ma aveva perso gran parte della sua proverbiale capacità di concentrazione: così suo padre – ex assessore comunale – gli aveva trovato un posto sicuro alle poste di San Domenico.
Zia Assunta e zio Ernesto avevano un figlio, Davidino, un bambolotto di quattro anni con due guanciotte rosa rosa e paffutissime; zia Clotilde l’avrebbe usato come scusa fino alla morte per impedire a zio Ernesto anche solo di pensare a trasferirsi, gliel’ho sentito dire un giorno in confidenza a mio padre, dal suo modo di guardarsi intorno con piccoli scatti del capo sembrava che fosse terrorizzato, come se zia Assunta potesse spuntare dalla plafoniera o dal bagno da un momento all’altro, anche se eravamo a casa nostra. Aveva anche detto che in realtà era tutta una scusa, lei non si voleva muovere da San Domenico perché senza quella strega di sua sorella non avrebbe avuto nessuno con cui sputare veleno su tutta la brava gente del paese e su di lui.

Dovete sapere che nella nostra famiglia, a Natale, ci si raduna tutti a casa di zio Ernesto e zia Assunta a far vigilia, siamo più di venti noi, ci sono sempre le frittelle al cavolfiore, i gamberoni, gli spaghetti alle vongole, e poi a mezzanotte si aprono i regali. Adesso, di solito la maggior attenzione la si mette nel fare i regali al bambino più piccolo della comitiva – perché il nuovo arrivato è un po’ il cocco di tutti, e poi perché per qualche strano tipo di regola non scritta la sua gioia ti dà più soddisfazione rispetto a quella di uno grande – e quel Natale il più piccolo era Davidino, con uno scarto di ben quattro anni. Potete capire quindi che un bel mucchione di pacchi, impilati in una piramide un po’ storta, era tutto riservato a lui; così, come sempre nel momento di scartare, si fece silenzio tutti intorno all’albero, e Davidino quella notte fu il protagonista assoluto.
Il suo primo pacco era quello di Mariangela, la sorella di zia Assunta; ovviamente Davidino rimase un po’ perplesso nel constatare che dentro c’era un vestito, e non un vestito qualunque, ma un pigiamino azzurro pieno di pincher e chiwawa disegnati in tutti gli orientamenti possibili, ammucchiati con una lieve nota di cattivo gusto, con una predilezione considerevole per quelli a testa in giù. OddiomiomaècarinissimoMariangelaaaaagrazieeeeloamoooootantissimooo, subito zia Assunta, senza la pretesa di fingere neanche per un secondo che il regalo fosse in realtà destinato a suo figlio, losoèadorabileeeeeeeeelhovistohopensatasubitooooateeeee, e immediatamente entrambe con lo sguardo indagatorio sul piccolo, per biasimare il suo eterno dubbio innocente sulla genuinità di un ringraziamento disonesto: che fai lì impalato Dino, non ringrazi la zia Mariangela per il pensiero meraviglioso?
E fin lì tutto bene; poi successe una cosa curiosa. Sentite questa: il secondo pacco era di nonna Laura, la mamma di Ernesto; si trattava di una scatola di Geomag, Danielino la aprì – aveva sicuramente visto la pubblicità in televisione – e la sua reazione fu di certo migliore rispetto al dono precedente. Ora, l’entusiasmo fece di certo piacere alla nonna, il problema però furono i successivi regali: zio Tommaso, una scatola di Geomag piccoli, mio padre una scatola di Geomag triangolari, zio Gregorio e zia Merola Geomag standard nuova edizione, Francesca, mio padre diceva sempre che guadagnava un sacco di soldi in banca senza meritarseli, un set di Geomag Deluxe.

All’inizio i Geomag diventarono la sua nuova passione; poi d’improvviso Davidino non ci giocò più così spesso e il suo tempo ricominciò a farselo risucchiare dalla televisione e dai videogiochi. Zia Assunta aveva cominciato a notare che le scatole avevano sempre meno pezzi, ma quando chiedeva spiegazioni al piccolo tutto ciò che riceveva erano solo mugolii di piacere di fronte all’ennesima saga di Dragon Ball con cattivi orrendi di cui lei nemmeno voleva sapere il nome: solo che giorno per giorno le scatole si vuotavano sempre di più, sempre di più, finché nella stanza del piccolo Davidino non erano rimasti altro che cartoni vuoti e lampi di luci colorate. Allora sì che un dubbio le venne, perché Davidino neanche sapeva che fosse un geomag prima di quel compleanno. MaseErnestolodicevaatuuutticheilpiccololiadoravaqueicosì! Fece zia Lupe con la voce squillante di una campana di vetro rotta. Ed eccola per le vie del paese, la furia di San Domenico, la Zia Assunta che falcava rabbiosa le stradine e i marciapiedi e le scale fino al basculante del suo garage, batteva il pugno dell’ira sulla fredda lamiera verde, rimbombando di sdegno e sospetto, gridava Ernesto!Ernesto! Erneeeesto!, ma Ernesto a rispondere non ci pensava proprio. Erneeeeeestooooooo!

E Ernesto? Ernesto non pensava certo a lei, ma a quanto fosse bella la Mole Antonelliana vista dall’alto, che più in alto non si poteva: se l’era costruita nel garage con quei geomag che aveva fatto regalare e poi rubare al figlio, e pensava quanto sono quadrate e ordinate le strade di Torino, che scivolano in viali e controviali accompagnati da alberi e parchi, l’aveva ricostruita coi geomag con tanto di Valentino, e stava dicendo proprio guardalàilValentino, se lo diceva tra sé e sé quando Zia Assunta era entrata con il suo portamento imperioso e sbigottita l’aveva guardato oltre il basculante aperto, che fluttuava, forse c’era troppo magnetismo in quella stanza per rimanere coi piedi per terra, fluttuava poco sotto il soffitto, poco sopra la mole con davanti la moglie a bocca aperta di fronte l’universo di geomag in una perfetta ragnatela di architettura ed elettromagnetismo e sbigottita davanti al marito che felice, cazzo finalmente felice, fluttuava fino al soffitto coi capelli dritti e i denti bene in mostra.
Erneeeeestooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!!!
Ma a Ernesto rideva e rideva e a tornare giù proprio non ci pensava nemmeno.

Illustrazione di Giulia Canetto

Luca Marinelli

Ha per tanto tempo pensato di essere un attore famoso. Poi si è reso conto che quello, a differenza sua, era nato in un carciofo alieno. Da allora scrive per compensare il distacco tra quello che è e quello che sarebbe voluto essere e con la scrittura si è fatto tanti amici. Alcuni di questi sono anche delle persone vere.

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