Citrosodina

Indossa vestiti larghi, abbottonati sul davanti. Li compra al mercato, hanno delle belle fantasie e costano poco. Il suo preferito è ocra, ricoperto da enormi ananas deformi, forse geneticamente modificati. Le nasconde le braccia flaccide e le gambe su cui esplodono sottili venuzze blu. S’intravedono solo quando si inchina per strizzare lo straccio fradicio di acqua e passi, raccolti lungo la rampa di sette piani.

In quell’androne vuoto, al centro di una città lontana dal mare, l’eco dei respiri di Mila risuona più forte.

In estate partono tutti. Vanno a lasciarsi seccare dal sole e dall’acqua salata, su spiagge di sabbia bollente. Scendono i gradini sommersi di valige, beauty case, zaini, ombrelloni e borse di paglia; sfilano davanti agli occhi di Mila, che subito si preoccupa di segnalare, con un triangolo giallo, il pericolo di scivolamento.

La salutano, li saluta.

Dove siano diretti, Mila non lo sa: ha sempre preferito farsi gli affari propri, per screditare quel luogo comune che vuole le portinaie pettegole e impiccione.

Ma quando tornano, prima che inizi settembre, portano con sé zigomi rossi, odore di crema solare e granelli di sabbia, che rotolano e saltellano per tutte le scale.

Prima di tirarli su con l’aspirapolvere, Mila immagina tutte le spiagge che non ha mai visitato.

La famiglia Martino del primo piano, per esempio, trasporta sabbia bianchissima, come quella che Mila ha visto una domenica mattina, in un servizio di Linea Verde sul turismo salentino.

Le studentesse fuori sede del quarto piano, invece, trascinano sotto le suole delle ciabatte granelli neri di lidi vulcanici.

Dalla borsa della vedova Colletti, settimo piano, scivolano alcune pietruzze di litorali rocciosi, e Mila pensa alla Sardegna, alla Corsica, alla Croazia.

Quando era ragazza e viveva a Hvar, e parlava in una lingua di cui conosceva tutte le parole, e credeva che si sarebbe innamorata e, insieme a suo padre, acchiappava polpi a cui fracassava la testa sugli scogli.

Da suo padre aveva imparato un gioco. Si trattava di lasciare al caso tutte le decisioni importanti da prendere. Si sceglieva lanciando una moneta, girando una carta, facendo volteggiare l’indice all’aria, con gli occhi chiusi. Di quella pratica infantile, a Mila piaceva l’attimo prima della scelta: il momento in cui la vita si sospende e lascia spazio alle possibilità.

Nel ricordo, sbiadito dalla candeggina e dal detersivo alla lavanda, Mila ha quarantasette anni, la stessa età di suo padre, e lo prega di non trasferirsi, di non andare via.

Arrivata all’ultimo piano, si sporge aggrappandosi al corrimano. La saliva calda ristagna lungo le gengive e una vertigine le fa vibrare le cosce. Conta a fior di labbra tutti gli appartamenti in cui non entrerà mai.

Trentanove.

Se si buttasse adesso, trentanove porte chiuse e altrettanti campanelli muti assisterebbero alla sua morte. Nessuno si accorgerebbe della sua assenza. Probabilmente passerebbero due mesi prima che il corpo venga ritrovato, immerso in una pozza di sangue secco. L’immagine di se stessa scomposta sul marmo ancora profumato di lavanda, le dà un certo senso di eccitazione. Chi si occuperebbe del funerale? Qualcuno sa che è ortodossa?

È il coraggio che le manca.

Si ripete che se riuscirà a scendere tutte le scale in trentanove secondi, allora il destino avrà deciso per lei: si getterà senza pensarci.

Inizia a correre e a contare nella sua mente mille e uno, mille e due, mille e tre…ma il corpo pesante, il fiato corto e il vestito che s’infila di continuo in mezzo alle gambe le impediscono di vincere la sfida. Si ferma affannata davanti al portone: centosette secondi. La colazione a base di yogurt acido e muesli si muove nello stomaco, un conato di vomito le punge la gola.

Si trascina verso il gabbiotto; sul tavolo bollette, ricevute, raccomandate e registri pieni di nomi che non ha mai conosciuto. Dall’armadietto, con la punta della dita, estrae una bustina di citrosodina, che lascia sciogliere nell’acqua fredda. L’esplosione frizzante dei granelli le solletica il naso.

In riva a quel bicchiere Mila consuma la sua estate, sperando che qualcosa cambi o che, almeno, la citrosodina l’aiuti a digerire la sua solitudine.

Illustrazione: Sofia Petrucci

Jolanda Di Virgilio

La sua vita è un pendolo che oscilla tra la nostalgia di casa e il terrore di tornarci, la scelta di essere vegetariana e la passione per il cibo spazzatura, l'amore per Kieslowskij e l'esaltazione per la nuova stagione di TheLady. Nell'attesa che le venga diagnosticato il disturbo bipolare, legge e guarda serie tv.

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