Nora_Narrandom_ Blog di racconti

Azzurra

Nel porticciolo di Anzio i pescatori attendono maree tranquille e venti dolci per uscire con i loro pescherecci. Il bollettino ha previsto mare forza sette e vento da ovest- Nord/ovest; la burrasca della notte precedente, che aveva interessato la zona dell’isola dell’Elba, sarebbe presto arrivata.

Azzurra, in quelle giornate di giugno, che di giugno han poco, ama dirigersi sulla riviera Zanardelli con un libro da leggere, quanti più pacchetti di caramelle le entrano nelle tasche dei pantaloncini e due mele acerbe, una per lei e una per suo nonno Celestino. Quello che succede in quelle giornate segue sempre lo stesso percorso, come treni sui binari o le linee frastagliate delle onde, perpendicolari alla costa come all’orizzonte, tutto si svolge come sempre. Lei che esce di casa alle quattro di pomeriggio, dopo aver pranzato, dopo il caffè, dopo il Bacio Perugina che lo segue, dopo averne messa la carta nel barattolo insieme alle altre; Azzurra che percorre via Gramsci, passa per piazza Garibaldi tagliando sulle zone verdi, lei che si ferma da Vito, il fruttivendolo, per prendere le due mele. Lei che arriva sul lungo mare, che si siede sulla sua panchina, quella con le scritte di Federico & Marta che si ameranno per sempre, contro la pioggia e l’inverno, contro le nuvole che vengono da nord a portare tempesta.

La prima cosa che fa è quella di incrociare le gambe, chiudere gli occhi e aspettare che il vento le si poggi sulle guance. Poi prende il libro e inizia a leggere sperando sempre di essere presto interrotta. La verità è che Azzurra va al porticciolo solo per parlare con suo nonno, delle volte ci riesce altre no. Perché l’unico modo che ha per parlare con Celestino è che sia lui a iniziare il discorso.

―Hai la mia mela?

Celestino solleva la testa dalla rete che sta cercando di ricucire e punta i suoi occhi blu sulla sagoma esile della nipote. Azzurra si alza dalla panchina e, senza scendere sul molo, passa la mela al nonno sedendosi a terra con le gambe a penzoloni.

―Come stai nonno?

―Sta arrivando una tempesta. Ricordatevi di chiudere le finestre stanotte, pioverà.

―Il cielo è ancora celeste.

―Non manca molto alla pioggia.

Celestino prende dalla tasca un coltello e inizia a tagliare la sua mela, ne ricava un bel pezzo e lo passa ad Azzurra.

―Uscirete domani?

―Tuo padre dice di sì ma io sono contrario.

―Magari cambia il vento e la tempesta non arriverà.

― È la stessa cosa che dice tuo padre.

Il vento si alza e sopra la testa di Azzurra nuvole grigie graffiano il celeste del cielo, rigandolo, crepandolo e mentre l’inevitabilità si presenta, lei guarda il nonno. I resti della mela galleggiano vicino al peschereccio di famiglia e Celestino è di nuovo chino su quell’intricato nugolo di reti. I suoi occhi blu scrutano da pochi centimetri di distanza la matassa, le sue mani, nodose come solo quelle di un marinaio possono essere, si muovono esperte, colgono lesioni, le riparano e vanno avanti.

―Forse dovresti buttarla no?

―Regge, ancora per un po’.

―Non fai prima a comprarne una nuova?

―Certo. Ti prometto che quando non riuscirò più a ripararla la butterò via.

―Nonno…

―Ora torna a casa, sta per piovere.

―Andiamo insieme.

―Non mi piace navigare in tempesta.

―Con quelle onde, ci credo.

―Per le stelle, quando sono sul mare voglio vedere le stelle.

―Come gli antichi.

―Sono uno di loro, sai cosa facevano le donne dei marinai? Accendevano…

―Accendevano una luce, pregavano e controllavano le stelle. E sai perché controllavano le stelle? Perché le stelle hanno pietà dei marinai.

Celestino sorride. Il cielo è una maschera di cemento. Azzurra gli lascia l’altra mela e va a casa.

Nella sua stanza c’è un odore pungente di cioccolato che circonda, incastra e imprigiona ogni cosa. I suoi capelli ne prendono l’aroma, così per le sue unghie e la pelle tutta.

La tempesta che proveniva da Ovest-Nord/Ovest che, grazie a una zona di bassa pressione si era rafforzata, ha spazzato via la sua famiglia.

A nulla era servita la lampada lasciata accesa in soggiorno o le preghiere: suo nonno, suo padre erano colati a picco non si sa dove non si sa quando.

Ad avvertire la famiglia erano stati dei colleghi di suo nonno. Poi era arrivata la capitaneria, infine la guardia costiera.

Azzurra da quel giorno è diventata grigia come il cielo quel pomeriggio.

La sua estate è finita.

La madre ha deciso di andare a vivere da suo fratello, a Roma, “Almeno per un po’, finché la tempesta non passerà”. Azzurra non ha voluto dirle che è troppo tardi, che la tempesta è già passata senza lasciare nulla, che è impossibile ripararsi in un relitto. Azzurra non le ha detto niente.

E ora che sono passati due giorni da quella conversazione, ora che stanno per andare via da Anzio, Azzurra contempla le pareti della sua camera. Ha incollato con l’attak le carte dei Baci Perugina su tutto il muro. Con la torcia illumina un lato del parete ed è contenta quando vede come il riflesso della luce faccia risplendere l’intera camera.

Prima di andare via, davanti la porta di casa, Azzurra con una scusa rientra nella sua camera. Si avvia verso la finestra chiusa e facendo più piano possibile tira su la serranda.

Il cielo è celeste e lei sorride sperando che le sue stelle si possano vedere dal mare.

Un racconto di Giulio Fenelli

Illustrazione di Nora

Giulio Fenelli

Romano DOC. Da piccolo ha frequentato corsi di equitazione circense, golf, tennis, sci alpino e appenninico, e nel tempo libero scriveva poesie. Poi ha conosciuto il whiskey e le sigarette, e alle poesie non ci ha più pensato. Sogna in piccolo: gli basterebbe scrivere il nuovo Notturno Cileno e timonare il suo Pequod.

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