Un granchio di fiume

La ragazza raccoglie la lenza insabbiata dalla riva del lago.
Ha appena smesso di piovere e l’acqua sporca ondeggia placidamente, senza far rumore.
“Proprio una giornata splendida per pescare, non credi?” dice suo padre.
“Già”, risponde la ragazza impegnata con un vermetto che proprio non vuole starsene fermo sull’amo.
“Sai, molta gente non viene a pescare con questo tempo. Ma sbaglia, e sai perché?”
“Certo che lo so, papà! Perché la pioggia muove l’acqua, il fondale si alza, e tutti i pesci piccoli escono per mangiare i residui organici che sono venuti a galla!”
“E?”
“E poi, naturalmente, i pesci grandi escono fuori per mangiare quelli piccoli!”
“Brava! Bravissima! E sai chi è in agguato per prendere quei bei pesciotti?”
“Noi, papà!”
“Esatto! È così che va la vita. Mai pensare di potersi rilassare, non puoi farlo nemmeno se sei il pesce più grande del lago, perché ecco che all’improvviso…ZAC! Arriva un pescatore e finisci al forno con patate e origano! Occhi aperti, sempre.”
“Già, sempre.” fa lei con aria afflitta.
“Come mai così giù? Non vuoi più venire a pesca con me?”
Silenzio.
“Lo sai che a me puoi dire tutto, vero?”
Ancora silenzio.
La ragazza si volta. Guarda suo padre, con gli occhi lucidi.
“Papà, secondo te sono anormale?”
“Cosa?”
“Hai capito bene cosa ti ho detto: secondo te sono anormale?”
“Di un po’, chi ti ha detto questa parola?”
“Dei bambini a scuola. Dicono che io e Leo siamo anormali, perché a me piace venire a caccia e a pesca con te e giocare a calcio anche, mentre Leo preferisce stare a casa a fare i dolcetti con la mamma e pulire i pavimenti con il suo piccolo folletto elettrico. Questo mi hanno detto. Ma a me piace fare quelle cose, non posso farci nulla, mi piace e basta. E poi… i dolcetti che fa Leo sono così buoni!”
Suo padre le poggia una mano sulla guancia, fa un lungo sospiro.
“Ricordi quella volta che abbiamo preso un granchio di fiume?”
“Oh! Sì! Sì! Certo che ricordo!”
“Ecco. Non ti era mai capitato di vederne uno, no? Tutti i granchi che avevi visto stavano nel mare, o sbaglio?”
“No, dici bene. Stavano nel mare.”
“Benissimo. Pensaci un attimo, secondo te quello era un granchio anormale o un granchio speciale? Un granchio straordinario?”
Fissa il cielo pensierosa, l’indice puntato sotto il mento e il gomito destro poggiato sulla mano sinistra.
“Credo… credo la seconda che hai detto, papà.”
“Esatto.”
“Ma quei ragazzi…”
“Quei ragazzi non hanno importanza. Non devi starli a sentire, sono solo una marmaglia di banalissimi granchi di mare. Cosa ne sanno loro di cosa significa essere speciali?”
La ragazza sorride, si volta verso l’orizzonte.
“Già, che ne sanno loro!”
I due riprendono a pescare.
“Papà?”
“Dimmi.”
“Ma come fa un granchio di fiume a respirare nel mare?”
“Cosa?”
Il galleggiante si muove, vibra, traballa, poi va giù.
“Ho detto, come fa un granchio di fiume a respirare nel mare? Poi ci si abitua?”
Il padre fa per rispondere, ma non c’è più tempo. Un pesce ha appena abboccato.

 

Un racconto di Massimiliano Maggi

Illustrazione di Raffaele Cataldo

 

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