Estate

Qualche ora dopo aver ricevuto una telefonata da suo padre, un ragazzo di quindici anni entrò nella casa di due vecchi. Aveva comprato una vaschetta di gelato al limone – con scorze candite – perché non sapeva bene cosa portare. Il vecchio era suo nonno e il ragazzo non l’aveva mai visto prima, ma suo padre – che si era rifiutato di venire – aveva detto: «A tuo nonno non rimane molto tempo».

Gli aveva aperto la moglie di suo nonno, che era bassa – il ragazzo immaginò che fosse diventata bassa, come tutti i vecchi – e che gli aveva sorriso e l’aveva ringraziato. L’aveva fatto sedere al tavolo del soggiorno. C’era caldo, nella casa, e il gelato, nel sacchetto del supermarket, si sarebbe sciolto. C’era odore di polvere e di febbre.

Il ragazzo aveva comprato il gelato perché gli piaceva osservare i vecchi che, dopo aver aspettato in fila davanti al bancone, camminavano davanti alle vetrine e si fermavano e affondavano i cucchiaini di plastica nelle coppette e, mentre deglutivano, guardavano qualcosa che non c’era, nelle vetrine.

«Non esce più molto» disse la moglie di suo nonno.

Suo nonno era seduto sul divano davanti al tavolo: indossava una giacca da camera sopra al pigiama ed era perfettamente rasato.

«Avresti dovuto vedere come era attivo quando ci siamo conosciuti. Come lavorava e dove mi portava nel fine settimana. Eravamo sempre in giro».

«Il gelato si scioglie» disse il ragazzo.

«Certo».

La donna si alzò, prese il sacchetto con la vaschetta di gelato e andò in cucina. Il ragazzo la sentì trafficare con le stoviglie e pensò che si era dimenticato di togliere lo scontrino dal sacchetto. «Non viene mai nessuno» gli disse la donna dall’altra stanza.

Il ragazzo raccontò a suo nonno che aveva appena iniziato il liceo, che il greco gli piaceva, che nel tempo libero suonava la chitarra con degli amici che ora frequentavano un’altra scuola, e che forse da grande gli sarebbe piaciuto fare l’avvocato.

«Bene» disse suo nonno. «L’avvocato è un buon lavoro».

La moglie di suo nonno tornò con un vassoio su c’erano tre coppette di vetro con tre cucchiaini. Il ragazzo ne prese una, poi la donna si sedette di fianco a suo nonno con il vassoio in grembo. Il ragazzo assaggiò il gelato, che era troppo dolce, e guardò la donna prendere il primo boccone.

«È buono» disse lei. «Grazie».

Poi la moglie di suo nonno gli chiese cosa facesse e lui ripeté le cose che aveva appena detto e poi rimasero un po’ in silenzio, mentre lei cambiava coppetta e imboccava suo marito. Era un’operazione complicata e il ragazzo si chiese perché non usassero la stessa coppetta e lo stesso cucchiaino.

«Ci ha sempre tenuto all’ordine» disse la moglie di suo nonno come per rispondergli. «Si fa la barba tutti i giorni, anche se non viene nessuno».

Il ragazzo annuì. La moglie di suo nonno accese il televisore a tubo catodico, ma abbassò subito il volume. Persino il ragazzo faticava a sentire: vedeva solo le immagini di una televendita.

Suo nonno deglutì un altro boccone, mentre il gelato di sua moglie si scioglieva nella coppetta.

Rimasero in silenzio, i soprammobili sulla libreria, i dorsi azzurri di una collana di classici greci e latini, il centrino sotto una ciotola di caramelle dure sul tavolo, le tende tirate e il sole fuori. Non c’era più niente da dire, il ragazzo si preparava ad alzarsi e andarsene, la donna imboccava suo nonno.

«C’era una ferramenta qui all’angolo» disse suo nonno.

«Sì?»

«C’è ancora?»

«Non credo».

«Non c’è più» disse la moglie di suo nonno.

«Dopo la guerra comprava il rame. Tutti i bambini del quartiere andavano da lui, anche tuo padre».

«Davvero?»

«Iniziavano a lavorare presto, era giusto così».

«Erano altri tempi» disse la moglie di suo nonno. «Me lo ricordo anche io, si faceva anche dove abitavo io».

«I bambini gli portavano di tutto: sbarre di ferro, pezzi di grondaia…. Qui all’angolo sembrava una discarica».

«Erano altri tempi» ripeté lei.

«Il rame valeva di più, i bambini si compravano il gelato».

Il ragazzo annuì e pensò che si stava facendo tardi. Si passò le mani sui pantaloni.

«Una volta ho trovato tuo padre che cercava di tirare fuori i cavi dal muro, in cantina. Aveva staccato la mascherina di un interruttore. La luce era accesa. Poteva farsi male» disse suo nonno

«C’erano solo tre gusti» disse la moglie di suo nonno.

Il ragazzo la guardò mentre imboccava ancora suo nonno, poi guardò verso la finestra. Le tende erano bianche, rigide come appena lavate.

«Devi andare?» gli chiese la donna.

Il ragazzo annuì di nuovo e, mentre si alzava, provò un leggero senso di colpa a lasciarla lì; anche se non conosceva lei e, soprattutto, non conosceva lui.

«Vuoi portarti via il gelato?» gli chiese la donna.

Il ragazzo rifiutò gentilmente.

«Allora lo finiamo quando torni».

La moglie di suo nonno accompagnò il ragazzo alla porta. Fuori doveva fare ancora più caldo.

«Grazie ancora per essere passato. Salutaci tuo padre, lo aspettiamo».

«Quante gliene ho date» disse suo nonno, in soggiorno. «Quante gliene ho date».

Il ragazzo uscì nel sole, verso casa.

 

Un racconto di Alessio Posar

Illustrazione di Michele Antolini

Lascia un commento