Del demonio

A mia nonna i tatuaggi non piacciono. Non le piacciono perché sono del Demonio.
Come le carte da gioco, la radiotelevisione, il grammofono e il partito comunista. I soldi sono del Demonio, la cucina francese è del Demonio e le penne biro pure. Anche la barca del padre era del Demonio perché costata un sacco di soldi, perché ospitava uno chef francese e perché il padre scriveva lettere appollaiato in cabina. Anzi, la barca del padre è diventata del Demonio dopo l’incontro con il Signore Gesù: da bambina la nonna ci prendeva il sole e al diavolo il Demonio, il peccato, i soldi sporchi d’inchiostro e i francesi.

Mia nonna ha fatto la guerra e c’erano gli americani che sputavano, si portavano addosso decine di tatuaggi, bevevano whisky soda e appartenevano al Demonio. Quelli della guerra erano anni di privazioni e carrubo a pranzo e cena, senza rifugio alcuno al di fuori dei sottoscala dei palazzi bucati dalle bombe e della preghiera a tutte le ore. La preghiera preferita di mia nonna recitava così: Dio liberaci dal male, dagli americani, dai comunisti e dai tatuaggi. Se avesse potuto barattare due chili di carrubi con un sapone capace di cancellare gli americani e i tatuaggi, avrebbe fatto la fame più nera della camicia di un prete.

Il fumo è del Demonio, anche il tabacco masticato dai soldati era del Demonio e le più moderne sigarette elettroniche sono del Demonio: quel vapore soffiato dalla bocca è simbolo infernale, fumo bianco degli inferi, e quindi i fumatori militano nelle affollate legioni del Demonio. Le sale da gioco, dove anche le vecchie amiche della nonna si riuniscono, sono l’anticamera dell’Inferno con tutte quelle carte sui tavoli verdi e i posaceneri pieni zeppi di mozziconi sporchi di rossetto viola. Mia nonna giustifica i pomeriggi trascorsi in compagnia di queste infedeli diaboliche come un’opera di carità, novella Paolo di Tarso che vive tra gli infedeli ed è missionaria di Dio tra gli empi, i pagani, i giocatori, i fumatori e i tatuati.

Come San Paolo anche lei ha dovuto affrontare alcune dure sfide dopo essere stata accecata sulla via di Damasco. La prima crisi mistica è avvenuta settant’anni fa: mio nonno ascoltava le partite del Napoli alla radio, cronache di falli, uomini in pantaloncini e bestemmie. Ascoltava le partite allo stesso orario del Vespro, lode alla Vergine Maria.
Questo dissidio interiore ha comportato numerose notti in bianco, turbamenti dell’animo e del cuore che hanno trovato espiazione in tre maternità e altrettanti figli. Questi figli avrebbero dovuto portare il nome dei Re Magi ma l’addetto all’ufficio anagrafe del Comune si è dimostrato una persona coscienziosa, anche se affiliata indubbiamente al clan del Demonio, e i miei zii si chiamano Simone e Matteo e mio padre Giovanni. È toccato agli apostoli.

La seconda e ultima crisi mistica è legata al nuovo Papa e risale ai primi mesi dell’anno 2015. La notizia è di quelle tanto semplici quanto sconvolgenti: il Papa disse in diretta mondiale che un bel pugno a chi gli offende la madre lo avrebbe tirato molto volentieri. Un pugno. Il Papa avrebbe dato un pugno. Mia nonna è rimasta sul divano tre giorni senza trovare via di fuga dal semplice sillogismo Demonio + il Papa avrebbe alzato le mani = il Papa è il demonio. Pensavo che la nonna non si sarebbe più ripresa, poi fortunatamente l’Alzheimer ha fatto la sua parte e tutto è stato dimenticato. Tutto tranne il Demonio.

Ultimamente mia nonna trascorre giornate intere davanti alla televisione. Anche la televisione è del Demonio. Mia nonna sostiene però che a una certa età non si può pensare di morire senza peccato. Il Signore è misericordioso mentre il Demonio ha le corna, puzza di zolfo e di fumo, gioca a carte e beve vino. Il Demonio ha la faccia dell’inquilino del terzo piano a cui piacciono i maschi e ha le braccia piene di tatuaggi come quelle del pizzaiolo. Radio Maria è l’unica forma di trasmissione audio ammessa: le cassette, i compact disk, i vinili, gli Ipod, le cuffie giganti, le stazioni radio dei giovani, i jukebox, il karaoke sono come il grammofono. Ovvero del Demonio. Anche i Deep Purple e Rolling Stones insieme a Guccini e Battiato fanno parte della squadra del Demonio. Il gioco del lotto è del Demonio anche se sua sorella ci giocava sempre negli anni dopo la guerra: adesso che la sorella è morta sono le amiche a fare la fila fuori dal tabacchino con bigliettini della speranza tra le mani. Mia nonna non sa leggere i numeri sui biglietti, anzi non sa leggere i numeri da nessuna parte, perché ha frequentato fino alla seconda elementare e i numeri non se li ricorda più. Nel dubbio anche i numeri sono del Demonio.

Un pomeriggio di qualche anno fa ha giocato per la prima volta: 57 62 66, sulla ruota di Napoli. Ha giocato l’anno di nascita dei suoi tre apostoli ed è stato un fatto parecchio strano. La malattia, quella che le faceva dimenticare le cose, le aveva permesso di superare il terrore misto a odio per il gioco d’azzardo ma le aveva lasciato, ben stampati nella mente, quei tre numeri. Si vede che le cose dovevano andare così. Ha vinto, classica fortuna del principiante affetto da Alzheimer, ma non ha voluto tenere per sé la vincita. Il gioco è del Demonio e il 66 è quasi il numero del Demonio. Ha dato tutta la vincita a un magrebino fuori la Chiesa: erano soldi del Demonio, ma tanto lui era nero e musulmano quindi già del Demonio. Al momento con quei soldi il magrebino ha comprato un bar sulla spiaggia di Santorini e ogni tanto le invia delle simpatiche cartoline.

Il mese scorso ho fatto il mio primo tatuaggio, una scritta lungo il braccio. Mia nonna mi ha guardato come Dante ha osservato gli ignavi nel terribile girone dell’Inferno: ha deciso di guardarmi e non lasciar passare.

– Che ce ‘sta scritto, ‘lla?

– Morituri te salutant.

– È la lingua del Demonio!

– A’ nonna, è latino.

– E in romano che vor dì?

– Quelli che vanno a morire ti salutano, è una denuncia sociale a rappresentazione della condizione dei giovani che nel mondo non hanno futuro e non sono protetti dalla classe politica, vivono abbandonati al proprio destino.

Da un mese mia nonna non mi parla più, quando mi vede si fa il segno della croce. L’ho scoperta varie volte avvicinarsi di soppiatto alle mie spalle; in una mano il crocifisso d’oro e nell’altra i ferri da calza, stretti come un pugnale pronto a trafiggere. Mi volto e scappa via. Mi è spuntata la coda e quando starnutisco sputo fuoco, come il Demonio.
Forse aveva ragione lei.

 

Un racconto di Francesco Spiedo
Illustrazione di Alessia Arti

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