Amok

La porta non aveva un’anta. Gli infissi erano rovinati, scheggiati e sporchi di vernice, ditate e sangue. La soglia era logorata dall’incessante avanti e indietro nel corso degli anni.

 

La donna era seduta nella prima stanza – quella col soffitto travato che si affacciava sul giardino e sulla fontana di pietra –, era legata alla sedia e rivolta verso la carta da parati – strappata come i vecchi manifesti circensi sotto i cavalcavia delle stazioni – e imbavagliata al punto che il suo sudore si cristallizzava in minuscole stalattiti che le pendevano dalla fronte, annebbiandole gli occhi.

L’uomo era alto, ossuto e storto come un ramo spezzato, la guardava sorridendo e si appoggiava alla finestra: il sole del tramonto, ombreggiando parte del suo corpo, lo rendeva il soggetto di uno scuro quadro fiammingo.

– Io ti amo, – ripeteva l’uomo ogni tre o quattro minuti – io ti amo e tu sai che è così perché ti ho regalato fiori a ogni appuntamento e cioccolatini nelle sere di pioggia e vestiti tutte le volte che andavamo al mare. Ti ho regalato un’auto e una casa e ho pagato il nostro matrimonio perché quel giorno fosse bellissimo e fosse la dimostrazione più importante che ti amo. Tu sei perfetta e io ti amo, sì, ti amo alla follia.

La donna guardava suo marito, la finestra e la carta da parati, ma non riusciva a pensare ad altro che al giorno del suo matrimonio e al loro viaggio di nozze in crociera: erano ormai passati dieci anni da quella sera, e il tempo aveva ormai livellato l’amore ad abitudine ed eroso suo marito come un tarlo nel legno di una vecchia porta.

 

Tutte le porte hanno una soglia, e tutte le cose che non sembrano porte ma che hanno una soglia, in realtà, sono porte.

 

Il poliziotto puntava nella semioscurità la pistola tremolante fra le mani tese; sentiva l’uomo parlare all’ostaggio dicendole che l’amava troppo e quanto fosse perfetta; i suoi passi erano attutiti dal tappeto di polvere. Togliendo la sicura si avvicinò alla porta da cui proveniva la voce: notando che stranamente non c’erano ante, con accortezza si spostò di lato per non farsi vedere.

– Io ti amo, ti amo perché sei tu, perché sei così, ma nessuno può sopportare la perfezione. Ci fa sentire male e gelosi.

Fece un respiro, poi si girò e puntò la pistola dritto davanti a sé, incorniciandosi al centro della porta, esattamente sulla soglia.

 

Ci sono soglie fra le cucine e i soggiorni che separano mogli concentrate sui programmi culinari da mariti incantati dai tablet. Ci sono soglie che dividono i mondi e che permettono di contemplarli entrambi, come i telescopi degli osservatori astronomici o un buon libro. Ci sono soglie sottilissime fra la ragione e la follia che albergano all’interno di un uomo e lo trasformano in una porta.

 

L’uomo si voltò di scatto: non capendo chi fosse quel tipo e non credendo neppure che qualcuno potesse disturbarlo – come se fosse nell’intimità di casa sua –, si avventò sul poliziotto con i pugni chiusi.

La donna guardò verso la porta, ma il riflesso del sole dalla finestra le consentì di scorgere solo una forma vagamente umana.

Il poliziotto sentì una goccia di sudore scendergli lungo il collo – era umida, lunga e solleticante come quegli insettini che ogni tanto gli si appoggiavano sulle guance o sulle dita mentre leggeva il giornale in terrazzo nelle sere d’estate –, e mentre l’uomo tendeva in avanti le mani come volesse abbracciarlo, lui si sentì d’un tratto rimpicciolirsi e scomparire.

Il riflesso del sole dipingeva sul pavimento un tramonto tanto acceso e arancione da sembrare sangue colato.

 

Ogni uomo è una porta perché dentro di sé divide molte cose, come il lavoro dalla famiglia o la coerenza dall’amore. Certi uomini – apparentemente mariti devoti e cittadini modello che portano la moglie in crociera o che le regalano cioccolatini – hanno però soglie più marcate che diventano porte sempre più perfette, con gli infissi, i cardini laccati e delle bellissime ante.

 

Il poliziotto maledisse la goccia di sudore che lo tormentava e tese le braccia: forse fu la distrazione dovuta alla goccia o al riflesso del sole, forse la follia aveva intaccato la sua razionalità spicciola tanto da fargli varcare in qualche modo la porta sbagliata o quell’uomo era troppo spaventoso, ma la mira fu imperfetta.

 

Ci sono uomini che allo stesso tempo, guardando una donna dalla parte sbagliata della soglia, la amano al punto da volerla uccidere.

 

Il poliziotto guardò l’uomo cadere all’indietro come un bambino spaventato che non ha capito cosa sia successo, né come abbia fatto a cadere, e guardò il cadavere legato alla sedia, rovesciato sul pavimento come un vaso di fiori abbattuto dal vento e con una chiazza scura di terra attorno alla testa che segnava la dimensione del disastro.

Il tramonto aveva colorato tutto il pavimento ed era bellissimo.

 

Un racconto di Alessandro Mambelli

Illustrazione di Federico Bressani

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