sentiero stupedo, Elisa Invy Inverardi_Narrandom_ Blog di racconti

Sentiero stupendo

«No, non sono 157.453 euro, sono sicura di averlo ben detto al commercialista! Sono 157.453 euro e 12 centesimi. Do-di-ci, capisci? Sì, bene – Ada armeggia con la chiave, entra in casa piegando il collo per stringere il cellulare sulla spalla mentre con le mani sfila le scarpe col tacco – a domani allora».

 

Il pulviscolo svolazzante le dà il benvenuto; Ada si costringe all’apnea, compie rapida il solito percorso corridoio →  bagno →  corridoio →  cucina. È stanca, evita di guardarsi allo specchio per fingere di non avere le occhiaie di fine giornata. Ripreso fiato, il Ciao amore che pronuncia a Carlo è un gesto meccanico, senza enfasi.

 

C’è un solo piatto in tavola; «Ho già mangiato», dice lui dal divano, come a voler giustificare le briciole sparse e il suo non interrompere la partita alla Playstation. Ada deglutisce, nel baciarlo sulla guancia sente le labbra pizzicare. Gli fa contropelo sul mento, immagina Carlo radersi veloce, la lametta usurata: ritrae la mano.

Divano → tavolo → divano → finestra: calma, calma.

«La spesa, hai trovato tutto?».

«Mh-mh», le risponde senza distogliere lo sguardo dallo schermo.

Ada s’avvicina al frigorifero, nota sul lavandino il piatto di lui immerso nell’acqua oleosa.

«Sì, beh… finisco dopo, ti aspetto, c’è più gusto no? Come dice la canzone: lavavo, lavavo felice più in alto del sole sempre più su». Carlo ride, mugugna «Và, và che record!» allo schermo.

«Volavo».

«Eh?».

Ada inspira, scuote la testa, osserva le piastrelle che contornano il fornello e ne nota una con un baffo di bianco. Apre la porta del frigorifero per un’insalata, ma viene distratta dalla suoneria del cellulare: «…sì, certo, mi raccomando, alle 9 e 5 minuti, non più tardi. Sì, completa il lavoro e ricorda all’architetto che la riunione è indetta per le 11 e 25, sii puntuale. Come dici? No, non è una tassa è una imposta, devi essere preciso, pre-ci-so».

Carlo le si avvicina da dietro, incurante del discorso esclama: «Visto che ho comperato tutto?».

Ada ripete «Preciso», conclude la telefonata.

Carlo le bacia il collo, lei non si volta perché sa che finirebbe solo col controllare se si è strappato quel peletto dalla narice destra. Mentre sposta un pomodoro rinsecchito dal ripiano della carne, lui le canticchia: «Che lei, lei era il nostro grande amore».

Ada piega le ginocchia per sfuggire all’abbraccio e non dirgli “Piccolo”, sicura di ricevere l’ennesimo “Eh?” in risposta.

Perché ero innamorata di lui?

Sempre più infastidita, nota il pacchetto di panna al salmone, nascosto dagli affettati. «Al salmone? Al salmone? Ho ben specificato: panna da cucina, cu-ci-na!, quella che uso per le torte!»

«Ma sì, sempre panna è».

Ada singhiozza in silenzio, si ripete: CalmaCalmaCalma.

Carlo indietreggia di un passo, sussurra: «…amore?».

Lei richiude il frigorifero senza voltarsi, lenta, le labbra serrate.

«…dai su, guardami. Sei arrabbiata? In fondo è solo panna».

Il silenzio di rimando è tradito dai sussulti delle spalle di lei.

«…dai su, dì qualcosa, non fare come la canzone dei Pooh».

Ada si volta di scatto: lui di riflesso sorride, sicuro che come ogni volta il contatto visivo tra di loro è il primo passo verso la riappacificazione.

E lei lo guarda, sì, ma l’attenzione si sposta:

1) sull’intonaco scrostato nell’angolo in basso, accanto al televisore;

2) sulla spugnetta che galleggia nella bacinella col piatto;

3) sulle briciole in tavola;

4) sulla macchia di caffè nel tovagliolo.

Chiude gli occhi, una volta riaperti si accorge che dalle labbra di Carlo precipita un muto flusso di parole in divenire: parole inesatte, parole approssimative.

 

…plick plick plick…

 

Nonostante gli occhi velati di rabbia, Ada si sorprende a domandare: «Che canzone?».

Lui ride, tenta di farle il solletico ai fianchi; sicuro della vittoria, piazza un «Hai parlato! Visto che non sei come la canzone?», prima di tornare sul divano.

Ada lo osserva impietrita, i pensieri vagolano rapidi tra il Che canzone? e Ommioddio, fa’ che non dica più nulla.

 

Il telefono squilla, ma questa volta Ada non se ne cura: l’attenzione è per Carlo, che soddisfatto di sé mugugna un motivetto.

Quel motivetto.

 

 

[…]

Pur scendendo di corsa i cinque piani di scale, il tictaccheggiare non copre la cantilena che le echeggia in testa.

La scia della canzone sembra volerla raggiungere, con l’ostinata perseveranza dell’inesattezza: “Non restare chiuso qui, sentiero!”.

 

 

Un racconto di Luca Pegoraro

Illustrazione di Elisa Inverardi

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