Un dito di vino

“Mamma, ho sete” Fabio alzò il bicchiere dal tavolo allungandosi il più possibile verso la bottiglia. La mamma era davanti ai fornelli e si girò a guardarlo, con una padella in una mano e un piatto nell’altra.

“Papà, ci pensi tu?”

Il nonno fece il mugugno che significava sì, mentre continuava a guardare il telegiornale: prese la bottiglia che aveva più vicina e versò.

“Nonno! Ma cosa fai?” ridacchiò Fabio.

“Ma gli hai messo il vino?” sbuffò Giulia strappandoglielo di mano.

“Aveva sete!”

“C’è l’acqua per quando uno ha sete”

“Bevitela tu, l’acqua!”

Fabio si aggrappò al bicchiere che gli aveva riempito la mamma, quando finì di bere gli scappò un sospiro soddisfatto.

“Nonno, ma perché tu bevi sempre il vino?”

“Perché l’acqua ti fa fare la ruggine”

“Come la ruggine?”

“Papà…”

“Con l’acqua arrugginisci, come il capanno degli attrezzi che c’è nel mio orto”

“Anche io arrugginisco?”

“Se bevi l’acqua sì”

“Papà!”

“Che c’è?”

“Perché devi spaventarlo?”

“Non lo sto spaventando”

Fabio intanto aveva smesso di mangiare e si stava controllando sotto la maglietta e dietro i gomiti se fosse cambiato qualcosa da quando aveva bevuto.

“Di’ un po’, ti ho spaventato?”

Fabio fece cenno di no con la testa, mentre con una mano scivolava a controllare che non ci fosse niente di ruvido neanche dietro il ginocchio.

Il nonno si era addormentato sulla poltrona del salotto: faceva un ronzio leggero e ogni tanto schioccava la bocca come se avesse mangiato delle patatine troppo salate.

“Nonno” sussurrò Fabio avvicinandosi all’orecchio. Il nonno non rispose.

“Nonno” riprovò scuotendogli la spalla.

Il nonno aprì gli occhi e sobbalzò dicendo che non stava dormendo.

“Che c’è?”

“Mi sa che mi sta venendo la ruggine”

“Eh?”

“Perché ho bevuto l’acqua. Guarda” Fabio gli mostrò una chiazza marroncina che aveva trovato dietro la caviglia, una macchia grande come la punta di un pennarello a punta grossa, ma lavandolo non andava via, ci aveva provato.

Il nonno guardò il neo con un’aria un po’ preoccupata.

“Eh sì, mi sa di sì. Fammi vedere gli occhi”

Fabio lo fissò sbarrando le palpebre.

“Sono marroni. Eh sì. Di che colore sono i miei?”

“Azzurri”

“Perché bevo vino e non arrugginisco. Gli occhi marroni sono il primo segnale: bisogna fare qualcosa prima che ti venga la ruggine anche dentro. Vieni, vieni. Ho la soluzione”

Gli fece cenno di fare silenzio e lo portò in cantina, dove la mamma gli aveva sempre detto che non poteva entrare. Stappò una bottiglia e gliela fece annusare, a Fabio bruciò il naso e strinse gli occhi come se quell’odore potesse entrargli dentro.

“Questo è vino buono, eh. Mica come quella robaccia che compra tuo padre al supermercato. Questo lo fa il figlio di zio Claudio, te lo ricordi zio Claudio?”

Fabio scosse la testa.

“Non importa. È uno che fa il vino buono”

In cucina prese un bicchiere e versò un dito di quel liquido giallo che a Fabio un po’ sembrava pipì.

“Poco, eh. Alla tua età basta poco per non arrugginire. Con un bicchiere di questo, puoi bere tutta l’acqua che vuoi. Quando vuoi vieni da me che te lo do, così mi racconti anche cosa fai a scuola. Quando uno ti offre il vino è perché ti vuole ascoltare”

“E se uno ti dà l’acqua?”

“Mentre parli pensa ai fatti suoi”

Fabio bevve il sorso di vino e strizzò le labbra: le bollicine gli facevano il solletico alla lingua, sembravano volergli salire nel naso, come per farlo starnutire. Cominciò a sentirsi le gambe un po’ molli e la testa come un palloncino, e mentre parlava col nonno nella pancia sentiva sempre che gli stava per scoppiare una risata.

Era sicuro che quel poco di ruggine che aveva era andata via.

Erano passati quasi quarant’anni da quel giorno, e Fabio stava raccontando questa storia al barista che asciugava i bicchieri e alzava gli occhi verso l’orologio più spesso di quanto la buona educazione avrebbe accettato. Fabio ogni tanto bloccava il suo discorso rapito dalle immagini sullo schermo dietro al bancone, video musicali in cui gruppi di ragazzi ballavano e si divertivano nei locali o su una spiaggia.

“Loro sì che non si fanno venire la ruggine. Mio nonno li avrebbe guardati più del telegiornale, peccato che sia morto prima di scoprire Mtv”. Si tirò su le maniche della camicia: “Guardami, guardami, non ho macchie di ruggine da nessuna parte, io. Quella che mi è venuta da piccolo non si è mai ingrandita, è ancora lì sempre uguale. E anche gli occhi, guarda, gli occhi. Quando ero piccolo erano marroni perché stavano arrugginendo, adesso si sono schiariti. Dammi un altro bicchiere e diventano azzurri come quelli di mio nonno. Te lo giuro!”

Il barista spense il video e si rimise ad asciugare i bicchieri, scuotendo la testa.

“Tu devi essere uno che beve acqua, vero? Come mia madre”

Fabio tentò di bere da un bicchiere vuoto, lo alzava e abbassava con sempre più velocità per far cadere anche le ultime gocce, il bordo di vetro gli sbatté contro i denti con un rumore doloroso di cui lui si accorse appena.

“Dov’è finito il vino che era qui dentro?”

Il barista spense le luci, si infilò la giacca e aprì la porta, aspettando con le dita intorno alla maniglia.

Fabio provò ad ignorarlo, poi scese dallo sgabello barcollando, gli si avvicinò come se ogni passo pesasse più del suo corpo.

“Mia moglie si era messa nella stessa posizione quando mi ha cacciato di casa. Prima però mi aveva rotto tutte le bottiglie, anche quelle di Francesco, il figlio di zio Claudio. Era buono quel vino, mica come quello che mi hai dato tu”

Il barista incrociò le braccia e sbuffò infastidito. Fabio gli diede una pacca sulla spalla.

“Mio nonno direbbe che tu sei uno che non offre vino”.

Fabio uscì dal locale e si sedette sul marciapiede. Il barista chiuse la porta a chiave e si allontanò senza dirgli una parola, lasciandolo illuminato solo dalle lucine che auguravano Buon Natale.

Illustrazione di Maria Caruso

Sissi Decorato

Sissi nasce, cresce e si laurea a Milano. Poi cambia idea e si trasferisce a Torino. Ama fare piani per il suo futuro e farli saltare; parlare di Dickens e leggere Sophie Kinsella di nascosto; i vestiti eleganti, ma solo se abbinati a scarpe eccentriche.

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