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Come fa a sopportarlo?

La notte era scesa da un pezzo e la ghiaia del vialetto brillava pallida sotto le luci del lampione che Teresa aveva lasciato acceso per quando Manuele sarebbe tornato. Da qualche mese faceva sempre più tardi e Teresa doveva continuamente rivedere la sua routine in base ai suoi orari. Le pesava dover cambiare così tanto le sue abitudini, ma si era ripromessa di essere una buona moglie, un sostegno nella sua vita. Quando veniva la sera, Teresa disponeva le pentole sui fornelli e gli ingredienti sul piano cottura, dopodiché si sedeva in salotto ad osservare la finestra, in attesa di vedere il cancello aprirsi e i fari della macchina irrompere nel giardino. Per non pensare alla fame, accendeva la televisione, ma raramente trovava qualcosa che la interessasse. Quando c’era Manuele, guardavano insieme il telegiornale, i talk show sulla politica, o le rassegne di film d’autore. Senza di lui, però, Teresa si sentiva sperduta: non capiva quelle trasmissioni che parlavano di un mondo complicato, usando parole che doveva farsi spiegare dal marito. Quei programmi la spaventavano, ma le trasmissioni che guardavano le sue amiche la annoiavano tremendamente. Allora sfogliava qualche rivista di gossip, cercando pettegolezzi piccanti, ma anche quelli venivano presto a noia. Camminava in cerchio per il salotto, andando e venendo dalla libreria. Con l’indice, scorreva il ripiano coi libri del marito: tutti titoli difficili, alcuni in lingue straniere. Non aveva mai osato prenderne uno in mano, per paura di non riuscire a reggerne il peso. Si limitava a immaginare di che cosa parlassero, partendo dal titolo sul lato della copertina.

Quella sera Teresa stava affettando un grosso peperoncino sul tagliere, mentre lo spezzatino sobbolliva piano, lanciando sbuffetti di fumo dalla pentola.

-Com’è andata oggi?

Manuele sedeva in cucina, sfogliando un giornale.

-Bene.

Teresa voleva sapere di più, ma non riusciva a chiedere. Sapeva che Manuele era molto stressato in quel periodo e non voleva dargli l’impressione di essere una moglie assillante. Spesso lui le diceva che si preoccupava troppo. La cucina si riempì di secondi silenziosi, scanditi dal ticchettio dell’orologio a muro.

-Come mai ci hai messo tanto, stasera?

Lui non rispose, si limitò a voltare pagina. Teresa si morse le labbra, stava facendo troppe domande, ma un crampetto alla gola la costringeva a parlare.

-Sai, dovresti dire al tuo capo di non farti lavorare così tanto, non ti fa bene cenare così tardi.

-Mi spieghi perché tu, invece, non mangi se prima non sono tornato a casa io?

Teresa non sapeva cosa rispondere, Manuele sembrava irritato.

-Potresti cenare all’ora che vuoi e lasciarmi gli avanzi in frigo, no?

-Ma… così non potrei farti la cena come piace a te. Se mi dai un giudizio, io sono più serena.

Manuele si alzò quasi di scatto, facendo spaventare Teresa. Si avvicinò ai fornelli e prese il cucchiaio di legno con cui si rigirava lo spezzatino, lo immerse nella salsa e lo assaggiò.

Teresa sentì uno strano odore, fiori d’arancio, una fragranza che in casa loro non c’era, venire dal colletto del marito.

-Poco peperoncino, disse prima di tornare a sedersi con il giornale tra le mani.

Teresa cominciò ad affettare un secondo cornetto rosso, prese su una manciata di semi e la sparse sulla carne, rimescolando il tutto. Con il cucchiaio indicò il marito.

-Adesso?

Manuel si alzò sbuffando e assaggiò.

-Poco peperoncino, e tornò a sedersi.

Teresa ne affettò un terzo, poi un quarto, per sicurezza e gettò tutto nella pentola. Così basterà, pensò.

La coppia mangiava, sempre in silenzio, sul divano, la televisione accesa. Manuele seguiva con molta attenzione un programma di approfondimento culturale su uno strano popolo asiatico di montagna. Teresa seguiva ogni movimento di suo marito, cercando di capire se lo spezzatino fosse abbastanza piccante, ma la sua espressione non cambiava di una virgola.

-Ti piace, tesoro?

Manuele annuì, senza girarsi e senza smettere di masticare. I montanari in tivù mostravano i loro artefatti, strani amuleti fatti con ossa di capra.

-Mi piacerebbe andare laggiù e indossare una di quelle collane, disse Teresa con voce infantile.

-Tu hai paura di volare, fu la risposta seccata.

-Ma non esiste solo l’aereo. Si può andare in treno, magari si fanno due cambi…

Manuele sospirò rumorosamente e cominciò a mangiare due volte più veloce. Teresa tacque, indecisa su che cosa dire. Il brontolio del suo stomaco le ricordò che non aveva ancora toccato cibo: mise in bocca un grosso pezzo di carne, ma subito il suo naso si mise a bruciare, facendola tossire. Bevve in fretta tutto il bicchiere d’acqua e prese a farsi aria alla bocca con la mano. Mentre sventolava forte, con la lingua penzoloni, Manuele la guardò perplesso. Il suo sguardo la fece divertire e subito si mise a ridere, senza smettere di fare aria, ma lui rimase serio, prese il piatto ormai vuoto e lo portò in cucina.

-Buonanotte, biascicò salendo le scale.

Teresa rimase sola nel salotto buio, illuminato solo dal riflesso delle montagne dove vivevano quei cinesi pecorari. Rimase lì seduta, il piatto fumante tra le gambe, a guardare uno di quei pastori che insieme alla moglie bruciava foglie aromatiche in un braciere al centro della tenda. Provò a capirne il motivo, ma non andava oltre le loro strane cantilene, mentre il presentatore della trasmissione si rifiutava di commentare oltre. Dopo qualche minuto spense il televisore e la stanza piombò nel buio. Portò il suo piatto, ancora pieno, all’angolo cottura. Un mormorio proveniva dal bagno al piano di sopra: Manuele parlava al telefono, forse con il suo capo, pensò Teresa. Manuele era un lavoratore solerte e molto affezionato, usava sempre un tono gentile e dolce quando parlava con lui. Teresa si chiese se le avrebbe parlato così se avesse studiato e fosse diventata lei il suo capo. Riassettando la cucina, prese in mano uno dei peperoncini rimasti. Ne fissò il colore rosso acceso, la sua buccia lucida, lo tastò per sentirne i micidiali semini all’interno. Si chiese cosa ci trovasse di tanto speciale in quei frutti così difficili da ingoiare. Senza pensare, se lo mise tutto in bocca e lo masticò velocemente, venendo travolta dal bruciore. Con le lacrime agli occhi, represse i colpi di tosse e la voglia di bere acqua, continuò a masticare e alla fine ingoiò il bolo, mandando quella palla incandescente in fondo allo stomaco. Piangendo, si portò le mani sulla pancia e iniziò a massaggiare. Come faceva suo marito a sopportarlo?

Illustrazione di Alessandro John Buro

Guido Zanetti

Guido nasce a Genova nel 1992. Cresce a Pavia, dove studia filosofia per tre anni e tre quarti. Corre a Torino, dove studia sceneggiatura alla Scuola Holden.

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