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Battito

Una cauta immobilità è condensata nel deserto di zaffiro e antracite in cui sei immersa; miliardi di gusci pulsano stratificati, dal tuo nucleo all’infinito, un riverbero fosforescente ne illumina il centro sotto i veli gassosi: per un attimo si colora di un rintocco denso di freddo ed echeggia nel vuoto siderale.
Molte stelle distano unità di misura così improbabili da diventare menzognere, riesci a vedere solo puntini bianchi ammassati arbitrariamente dalla necessità di porre rimedio al caos astrale; schegge di vetro e polvere e lampi abitano il tuo corpo che fluttua, da sempre, e palpita lento.

Tu-tum.
Tu-tum.
Tu-tum.

La pulsazione del tuo nucleo solitario dissipa nel vuoto.
Ma in quel momento la frequenza cardiaca del tuo centro si scontra e risuona sul suo petto, e allora lo senti il tuo battito, che rimbalza e torna indietro, accelerato, amplificato, appagato: ma è l’inizio della fine, per te, avresti dovuto saperlo.

Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.

Le tue pupille si dilatano e si riempiono di meteore che si rincorrono in bruciature damascate impresse sulle retine.
Senti le sue mani calde sui tuoi fianchi, un dito alla volta, una scintilla esplode nel buio ad ogni tocco. Si avvicina e tutte le tue corazze di metalli pesanti si dissolvono in uno sbuffo di fumo dorato. Lo spazio si contrae, vi avvicina, vi avvinghia, si avviluppa in una tempesta cosmica; la vostra luce si intensifica e trafigge l’universo di nastri di gemma, esplodete ogni sfumatura dello spettro cromatico.

Tu-tum, tu-tum, tu-tum.

Quando ti bacia, senti un’energia sfolgorante attraversarti le labbra, la lingua, il collo, e scendere nel petto; sotto il seno sinistro, nel nucleo, che non riesce a sostenere il ritmo delle tua eccitazione. Si accartoccia su se stesso, si comprime, si carica di speranze e aspettative pericolose.

Tu-tum-tu-tum-tu-tum.

Il tuo cuore non regge il peso della sua stessa gravità; collassa.
Non devi innamorarti
Le sue parole ti trafiggono come gigantesche schegge di ghiaccio. Riversi lapilli di sangue e luce tradita nel buio dell’universo cieco.
Allarghi le braccia, le gambe, inarchi la schiena, allunghi il collo, apri la bocca fino a disarticolare la mandibola, e urli: un boato straziante riempie lo spazio.

Il tuo nucleo esplode in un incendio che attraversa le tue estremità e si protrae in lingue di fuoco che coprono distanze astronomiche; l’emanazione luminosa è accecante: milioni di raggi si estendono all’infinito, tintinnando stridenti gli uni sugli altri in un bianco purissimo, somma e sintesi del creato; tutt’intorno a te una bolla di smeraldo e rubino si dilata, al suo interno lottano frammenti di ciò che eri; si rincorrono, si scontrano e si frantumano nel caos, bruciano, gridano, scoppiano, scompaiono nel turbinio di polveri d’una stella che non c’è più.
Ti espandi, senza nome, senza forma, senza nucleo, nello spazio. Disperi, ti disperdi nell’universo glaciale e ti dissolvi, lentamente, nell’oscurità. Dove batteva il tuo cuore adesso c’è solo buio, e silenzio, e vuoto. E anche il ricordo del tuo battito si spegne, così.

Tu-tum.
Tu-tum.
Tu

Davide De Capitani

Elenco delle cose che ha fatto: il lettore editoriale, coming out, il correttore di bozze, una lista di motivi per non tornare col suo ex, il copywriter, un corso di canoa, tanti tentativi per scrivere la sua bio. Sì, in quest’ordine.

Un’illustrazione di Elisa Inverardi

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